Marzo 2023, Anno XV, n. 3
Adjany Costa
La Stella dell’Angola
“Non ho una storia politica né aspiro ad avere una carriera politica. Proprio per questo la scelta è caduta su di me: perché sono una scienziata dell’ambiente, con i piedi per terra, in grado di promuovere politiche realistiche e realizzabili.”
Telos: Nell’aprile 2020, mentre il mondo andava verso la chiusura totale per l’emergenza Covid, qualcosa di straordinario accadeva in uno dei più grandi paesi africani. Il Presidente della Repubblica di Angola, João Lourenço, nomina Lei Ministro della Cultura, dell’Ambiente e del Turismo. Il suo incarico è durato però solo pochi mesi. Quali obiettivi ha raggiunto e perché ha poi lasciato l’incarico?
Adjany Costa: La nomina è stata una sorpresa anche per me. In effetti, non ho una storia politica né aspiro ad avere una carriera politica. Proprio per questo la scelta è caduta su di me: perché sono una scienziata dell’ambiente, con i piedi per terra, in grado di promuovere politiche realistiche e realizzabili e non quelle che con il tempo sarebbero divenute obsolete. Questa è stata la mia missione principale. Per prima cosa abbiamo cercato di tramutare in realtà l’istituzione dalla quale partire: il ‘Super’ Ministero della Cultura, dell’Ambiente e del Turismo era, infatti, appena nato, ma non aveva ancora una struttura legale definita. I primi mesi sono stati dedicati alla creazione di questo ‘Gigante’, nel quale far confluire le diverse competenze dei tre vecchi ministeri e adattarle alle attuali sfide nazionali e globali. Cosa escludere, cosa enfatizzare e rielaborare, cosa aggiungere alle competenze già previste … e come renderlo un solo ministero con obiettivi allineati e priorità ben collegate.
Il secondo passo è stato quello di mettere insieme la squadra adatta, che avesse le conoscenze, l'esperienza, la motivazione e lo spirito innovativo giusti per guidare ciascuno dei dipartimenti, oberati di lavoro. Con 46 istituti sotto il proprio controllo (ad esempio musei, parchi nazionali, etc.), oltre 1.500 dipendenti dispiegati in 18 province e con un budget limitato, avere la squadra giusta era cruciale per riuscire a raggiungere risultati solidi. Il terzo passo è stato quello di creare le premesse necessarie affinché si potessero raggiungere gli obiettivi e le priorità stabilite. Protocolli, linee guida, strategie, programmi e gruppi di lavoro sono stati concepiti per garantire che ‘Il Gigante’ potesse muoversi in modo rapido, risoluto e deciso. Questi erano i miei compiti e, una volta portati a termine, mi è stato assegnato un ruolo di supervisione, più concreto, tecnico e pratico rispetto al lavoro politico necessario da quel momento in poi.
Ho poi contribuito a portare avanti il dialogo sul clima con la prima serie di tavole rotonde con la società civile, le istituzioni private e il corpo diplomatico per comprendere preoccupazioni, percorsi, obiettivi e unire gli sforzi per potenziare l’investimento umano e finanziario necessari. Ho anche promosso la creazione della prima Area Marina Protetta in Angola, oggi in fase di progettazione. Inoltre, ho portato avanti il tema dell'Economia Circolare, con il coinvolgimento della società civile e degli investimenti privati nella creazione di un solido modello di business per rendere questo approccio sostenibile per il Paese.
Qual è il Suo incarico attuale?
Oggi sono Consigliere per gli Affari Ambientali del Presidente della Repubblica di Angola. Il mio incarico è molto flessibile e si adatta alle priorità, desiderata e bisogni della Presidenza. I compiti possono spaziare dalla revisione di progetti, piani e strategie, alla proposta di linee d'azione, dai pareri su temi d'attualità e sulle scelte, alla partecipazione a eventi. E poiché gli affari ambientali comprendono una grande varietà di temi legati allo sviluppo, alla tutela e alla sostenibilità, posso essere coinvolta sia in dossier governativi o legati ad iniziative private. In genere, sono molto più impegnata in progetti di Azione per il clima, Economia circolare, protezione della biodiversità ed Etno-conservazione.
“Oggi, le comunità locali, con le quali lavoro, sono ciò che mi motiva”. Questa sua affermazione è molto interessante. Cosa significa lavorare con le comunità locali e perché è così importante?
Lavorare con le comunità è a dir poco appagante e impegnativo. La tutela ambientale è un settore molto territoriale. Siamo costantemente impegnati a verificare gli sforzi, a elaborare casi studio e a ricercare nuovi metodi per migliorare il nostro approccio. Diamo indicazioni ai decisori pubblici, che sono spesso molto distanti dalle aree da proteggere. Il fatto di avere studiato, essere stati premiati, avere avuto riconoscimenti di ogni tipo,e magari anche la nostra condizione economica privilegiata, spesso fanno nascere in noi la pretesa, l'errata convinzione di sapere cosa è meglio fare. Invece è solo attraverso il confronto con le comunità locali che si comprende quanto tutto ciò sia sbagliato: non siamo lì per insegnare… siamo lì per imparare.
Ed è in questo processo che noi usiamo tutte le nostre conoscenze sull’attivismo globale per diventare unità di gestione e di tutela, in grado di fornire gli strumenti dei quali le comunità locali hanno bisogno per valorizzare le proprie antiche culture e credenze -che ci crediamo o meno- per aiutarli a risolvere qualsiasi problema nel miglior modo possibile, anche provando e riprovando e persino quando non siamo d’accordo con loro. Lavorare con le comunità è molto più che assicurarsi che abbiano un posto al tavolo delle trattative, significa invece fare in modo che siano nel pieno controllo del loro presente, passato e futuro e sostenerle quindi con idee, concetti e visioni nelle quali si possano riconoscere. Ed è così facendo che noi renderemo veramente la tutela ambientale sostenibile e duratura, poiché non dipenderà solo da una persona in grado di ‘cambiare il mondo’, ma da un’intera società in grado di costruire il proprio futuro e di proteggere il suo (e nostro) patrimonio. Lavorare con le comunità rende possibile un equilibrio tra sostenibilità ambientale, economica e sociale. Dipendono da questo equilibrio per sopravvivere e possono raggiungerlo con il nostro aiuto, non con una cieca obbedienza.
La loro visione sull’ambiente va al di là della semplice sostenibilità, ma è fatta di un intreccio tra il loro credo culturale e sociale, che alimenta questa sostenibilità, senza mai dimenticare che devono pensare anche ai loro mezzi di sostentamento. Le loro tradizioni formano e sono formate dalla natura che le circonda. La loro storia è un tutt’uno con l’ambiente, poiché tutto quello che accade ad esso accade anche a loro. Quindi, il loro rapporto con il mondo circostante va al di là della visione idealistica di coloro che lo osservano da lontano, che spesso danno indicazioni su quello che deve essere fatto dalla loro comoda posizione,‘colta e civilizzata’.
Le comunità locali dovrebbero essere i reali custodi dell’ambiente, gli attori principali nella pianificazione della sua tutela. Non solo lo conoscono meglio, più di chiunque altro ne comprendono l’importanza poiché dipendono dal suo stato di salute, e sono quindi più pronte a preservarlo anche con strumenti, visioni e un approccio innovativo. In fondo lo hanno sempre fatto, prima di essere intrappolate nello sviluppo e dal capitalismo. È arrivato il momento di renderle orgogliose padrone del loro patrimonio e i veri guardiani delle loro terre, che sono state soprattutto sfruttate da altri e per altri.
Qual è il significato di “Giustizia Climatica” secondo una prospettiva africana, o ancor meglio, angolana?
Credo che il significato di Giustizia Climatica vada al di là della definizione comune, cioè quella dell’inclusione, ad un alto livello decisionale, di individui e comunità nelle politiche per contrastare gli effetti del cambiamento climatico. Dal mio punto di vista, questo concetto va molto oltre l’agenda politica globale per l’inclusione. Il problema climatico deve essere compreso al di là dei numeri, della propaganda da greenwashing e della corsa, dei Paesi più sviluppati, ad essere reputati i più verdi possibile. Dobbiamo considerare che le diverse parti del mondo consumano le risorse a ritmi diversi, a prescindere dalla loro densità demografia. I Paesi più sviluppati hanno bisogno di moltissime risorse per soddisfare le loro necessità, risorse spesso importate da altri luoghi.
Secondo le Nazioni Unite, “Gli stili di vita delle persone nelle nazioni più ricche dipendono fortemente dalle risorse provenienti dai paesi più poveri, e ne utilizzano molte di più rispetto ai paesi dai quali si riforniscono”. Ad esempio, in un report del 2019 del WWF e del Global Footprint Network, leggiamo che l’Europa consuma il 20% della biocapacità terrestre nonostante rappresenti solo il 7% della popolazione mondiale. Allo stesso modo, il Centre for Sustainable Systems dell’Università del Michigan ha dichiarato che gli Stati Uniti, l’Unione Europea e la Cina, con rispettivamente il 5%, il 7% e il 18% della popolazione, consumano il 17%, il 10,4% e il 25% dell’energia mondiale. Quindi a fronte di meno di un terzo della popolazione, consumano più della metà dell’energia. Il loro impatto sul cambiamento climatico è molto più significativo di quello delle nazioni considerate povere o sottosviluppate, le cui risorse sono però quelle maggiormente sfruttate. Tuttavia, paesi come l’Angola, che sono in fondo alle classifiche di utilizzo delle risorse (e sottolineo utilizzo, non sfruttamento, poiché la maggioranza delle nostre risorse sono sfruttate da altri), soffrono di più a causa del cambiamento climatico.
Alla luce di tutti questi dati, ritengo che l’azione per il clima debba tenere di più in considerazione chi realmente inquina, chi subisce e dove vanno a finire le risorse mondiali, per poter definire piani e strategie globali più eque e ritagliate su misura sulle reali situazioni locali, senza essere ingiustamente esigenti. Solo allora noi tutti potremo contribuire in maniera più realistica a migliorare il futuro del clima nel nostro pianeta.
Marco Sonsini
Editoriale
Donna, giovane, esperta, competente. Già basterebbero queste caratteristiche per farne un ministro di tutto rispetto. E così è stato. Non era una donna europea, bensì una studiosa angolana, che per pochi mesi, nel 2020, è stata il Ministro dell’Ambiente, del Turismo e della Cultura. Adjany da Silva Freitas Costa, biologa, a soli 30 anni, ha accettato il gravoso compito il 6 aprile 2020. A molti questo è apparso come un segnale di cambiamento, voluto dal presidente, João Lourenço, che era riuscito a ridurre i ministeri - da 28 a 21 - in un paese dove le rendite di potere superano, spesso, la buona gestione della cosa pubblica. Ma Lourenço non si era limitato a questo e aveva affidato tre ministeri in uno, il Gigante, come lo definisce Adjany nell’intervista a PRIMOPIANOSCALAc, ad una donna, in una società dalla tradizione matriarcale, ma dove gli uomini la fanno ancora da padroni. Brillante studiosa, biologa, ricercatrice, eppure il curriculum di Adjany Costa non ha fermato le resistenze locali e non è riuscito, almeno inizialmente, a mettere a tacere ogni perplessità. Il suo impegno per l’ambiente, ha fatto di lei la persona giusta per affrontare una sfida importante e determinante per l’Angola: il cambiamento, secondo Adjany, passa dalle idee, scardinando lo status quo. Vincitrice del premio Young Champions of the Earth 2019, assegnato dalle Nazioni Unite agli ambientalisti di età compresa tra 18 e 30 anni, è stata direttrice del progetto per il National Geographic Okavango-Zambesi. Il bacino del fiume Okavango fa parte della più grande zona umida d’acqua dolce dell’Africa meridionale: più di un milione di persone dipendono da questo bacino che si estende tra Angola, Namibia e Botswana. Le priorità della giovane ministra sono state l’elaborazione di politiche per la conservazione degli ecosistemi, l’adozione di tecnologie pulite e ridurre gli impatti negativi dello sfruttamento delle risorse naturali. Ma anche coniugare la tutela dell’ambiente con cultura e turismo che in Angola hanno un enorme potenziale. Impegni importanti.
Il suo racconto di come ha dovuto domare il nuovo ministero monstre, in pochi mesi, creare una squadra e soprattutto dare un assetto legale ad una nuova struttura è davvero notevole. Sin dalle prime battute dell’intervista, ammette la sua inesperienza nella politica- per alcuni il suo grande nemico. Eppure di questo fatto ne fa anche un elemento di forza e ci dice “Non ho una storia politica né aspiro ad avere una carriera politica. Proprio per questo la scelta è caduta su di me: perché sono una scienziata dell’ambiente, con i piedi per terra, in grado di promuovere politiche realistiche e realizzabili.”
Oggi la Costa è Consigliere per gli Affari Ambientali del Presidente della Repubblica di Angola. In questo ruolo continua a lavorare per il suo popolo, soprattutto con le comunità locali, per la difesa delle risorse naturali del Paese. Non con la cieca intransigenza di un ambientalismo da ‘ricchi’, ma con la visione concreta di chi, proprio grazie al contatto quotidiano con le persone, sa quanto sia importante trovare “un equilibrio tra sostenibilità ambientale, economica e sociale.” La sua figura di donna forte e combattiva ci riporta alla mente quella di Nzingha Mbande, regina di Ndongo e Matamba, due regni corrispondenti all’attuale Angola. Una guerriera coraggiosa e intelligente, anche se la leggenda definisce pure spietata. Una delle figure chiave della resistenza al colonialismo del XVII secolo: il suo vero titolo in Kimbundu, la lingua locale, era Ngola, e proprio da questo termine, che potremmo tradurre in maestà, i Portoghesi, chiamarono queste terre Angola.
PRIMOPIANOSCALAc continua nel progetto grafico ideato per le copertine del 2023: creare con i volti degli intervistati una sorta di merchandising museale. Ogni mese verrà personalizzato un oggetto con il volto in bianco e nero dell’intervistato. È così che una t-shirt, un magnete o una shopper diventano un ricordo, un’esperienza, un simbolo. I nostri ospiti si trasformano in vere e proprie figure iconiche, alla stregua di quelle che troviamo sugli articoli ispirati alle opere esposte in un museo: l’Uomo Vitruviano di Leonardo, i girasoli di Van Gogh, la creazione di Michelangelo nella Cappella Sistina... E ogni personaggio diventerà talmente iconico da essere trattato come una pop star, che canta sui social. Per Costa, abbiamo scelto la borraccia di metallo, simbolo di un ambientalismo possibile attraverso le nostre scelte quotidiane. La canzone della versione musicale della copertina, altro elemento portante del 2023, è ritagliata proprio su Adjany: solare come lei!
Tutti noi di Telos vi auguriamo Buona Pasqua! Un po’ in anticipo lo sappiamo, ma con il numero di aprile saremmo arrivati in ritardo.
Mariella Palazzolo
Adjany Costa è Consigliere per gli Affari Ambientali del Presidente della Repubblica di Angola, dopo essere stata, nel 2020, all’età di 30 anni, il più giovane Ministro della storia del paese, del Ministero della Cultura, del Turismo e dell’Ambiente, che era stato creato da pochi mesi. Ha conseguito la laurea magistrale in Tutela e Biodiversità Marina, grazie al programma Erasmus Mundus. Ha lavorato per la creazione della prima Area Marina Protetta in Angola, nella punta meridionale del paese, partecipando in veste di Ministra all’inizio ufficiale delle assemblee inter-settoriali per la sua creazione. In questo ruolo, ha condotto il dialogo sull’azione climatica con molti attori nazionali e internazionali, promuovendo la creazione del primo osservatorio sul clima nel paese. Costa è stata relatrice in numerosi e significativi convegni nazionali e internazionali, è autrice di un libro e di numerosi articoli scientifici, ed ha ricevuto vari riconoscimenti per il suo lavoro, tra i quali il premio United Nations Young Champions of the Earth del 2019 e, nello stesso anno, è stata insignita della Medaglia d’Oro al Merito Civile dalla Repubblica di Angola. Sta completando il Dottorato di Ricerca presso l’Università di Oxford, sullo sviluppo di un modello di gestione delle risorse naturali basato sulle comunità locali e che ha come oggetto le sorgenti dei fiumi Okavango, Zambezi e Kwando sugli altopiani dell’Angola.
Il cibo è la sua più grande passione, persino prima della natura selvaggia. Adjany, infatti, adora provare nuovi sapori e consistenze e apprezza le diverse culture gastronomiche. I suoi più grandi hobby sono la lettura, rilassarsi sulla spiaggia -anzi leggere sulla spiaggia è il massimo- e curare le sue piante. È la mamma di un “tenerissimo neonato di appena 4 mesi che ha dato un senso ancora più grande a tutto quello che faccio e al mondo che vorrei contribuire a lasciare alle nuove generazioni.”
Marco Sonsini
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