Dicembre 2018, Anno X, n. 12
Anna Di Costa
La signora delle fate
"Una lista di desideri da sottoporre alle Istituzioni? Non basta e non serve esprimere desideri, occorre educare le menti ad uscire da meccanismi che conducono all’apatia, alla rassegnazione e talvolta al vittimismo. Senza la mentalità, la voglia di rischiare e di mettersi in gioco, senza la forza di credere che si possa cominciare da poco e con poco crearsi un futuro, le Istituzioni, le strutture, le infrastrutture non possono fare molto."
Telos: Da insegnante ad imprenditrice. Ci racconta la sua storia?
Anna Di Costa: La mia scelta di lasciare il lavoro di insegnante di ruolo nella scuola pubblica e di affrontare un percorso lavorativo nuovo e pieno di incognite, è stata principalmente una scelta di cuore. Quando è venuto a mancare mio padre, ho deciso che avrei dovuto dare anch’io il mio contributo per portare avanti la piccola impresa artigiana di famiglia.
Non mi sono voltata indietro neanche per un istante per ragionare sulle certezze professionali ed economiche che avrei lasciato, ho guardato dritta, verso il futuro, alla conquista di una nuova esperienza lavorativa che poteva sembrare incerta. Non l’ho mai considerata tale, anzi ho scoperto e trovato il coraggio e la volontà di intraprendere un nuovo percorso non facile, consapevole che mi sarei trovata davanti a situazioni completamente diverse e che avrei dovuto operare in contesti nuovi e difficili, che richiedevano competenze nuove e specifiche. Ma ero decisa ad affrontare quel cambiamento, che si sarebbe riflettuto non solo sul piano professionale ma anche su quello personale e sociale, con l’intima certezza che ce l’avrei fatta. Avrei studiato, mi sarei impegnata e cimentata in attività di marketing, grafiche, commerciali, volevo apprendere quanto più possibile e imparare a gestire e a gestirmi in questo mondo nuovo.
Avevamo appena ultimato la costruzione di un sito produttivo adeguato, per dimensioni, a produzioni quantitativamente importanti. Per scelta, pur avendo altre opportunità, in aree geografiche più interessanti e che avrebbero agevolato il nostro lavoro, io e mio fratello Enzo, fondatore dell’azienda, uomo geniale e creativo, abbiamo pensato di non abbandonare il luogo natìo, e di far sorgere il nuovo sito produttivo a Francavilla di Sicilia, nella Valle dell’Alcantara, a pochi chilometri dall’incantevole Taormina. L’obiettivo era quello di trasformare la piccola impresa artigiana che produceva torroni, cioccolato e pasticceria in un’attività industriale. Un progetto ambizioso in un territorio povero, dove non esisteva nessuna tradizione e vocazione all’attività industriale riferita al food. Il primo passo sarebbe stato quello di conquistare nuovi mercati. D’intesa con mio fratello, abbiamo puntato sull'espansione nei mercati esteri. Io avevo ottime competenze sia nella lingua francese che inglese, lui è bravissimo commercialmente ed impeccabile nelle relazioni pubbliche. Abbiamo unito le nostre capacità e con grande spirito collaborativo siamo andati avanti, partendo dalla Francia e riuscendo a fornire i nostri prodotti a grandi insegne d’Oltralpe. Negli anni ci siamo piazzati anche nel mercato tedesco ed europeo in genere, oltreoceano in USA, Canada e oggi siamo presenti anche in America Latina, Asia, Australia. La piccola azienda artigiana si è trasformata in impresa che riesce a dare lavoro a circa 120 dipendenti diretti e fornisce lavoro ad un indotto notevole.
Cosa significa fare impresa oggi in Sicilia? Quali sono i principali problemi da affrontare?
Fare impresa in Sicilia non è stato e non è facile, ma è un’attività così coinvolgente, a tratti affascinante, ardita. Se hai deciso di fare impresa le difficoltà non ti fanno paura, le affronti con la consapevolezza di chi sa che non contano le problematiche ma contano gli obiettivi da raggiungere e quando ci riesci è festa, perché sai di aver realizzato qualcosa di straordinario, anche quando può apparire ordinario in altri contesti. Tutti i giorni affrontiamo le difficoltà di operare in un territorio nel quale strutture ed infrastrutture sono inesistenti o quantomeno fatiscenti, molto più che in altre regioni d’Italia. Anche per questo abbiamo messo nero su bianco la nostra politica aziendale. C’è la soddisfazione di fare qualcosa, oltre che per te stesso, anche per gli altri, di dare la possibilità a tante famiglie di vivere serenamente nel proprio territorio di origine, di non abbandonare la propria terra e di guardare al futuro senza troppe preoccupazioni. Abbiamo dato la possibilità a giovani laureati e diplomati di ricevere una formazione professionale e li abbiamo messi in grado di svolgere un’attività di un ottimo livello e che permette loro di confrontarsi con il resto d’Italia e con il mondo. Sono ricchi di esperienze che aprono le menti e imparano a guardare orizzonti sempre più lontani e ambiziosi.
Abbiamo dato a tante donne, soprattutto inserite nel settore del confezionamento, l’opportunità di un lavoro fuori dalle mura domestiche, non senza difficoltà, ed a volte riluttanza, ad accettare di restare lontane da casa e dalla famiglia per parecchie ore al giorno.
Quali sono state le principali sfide che ha dovuto affrontare nei mercati e quali sono state le strategie commerciali che si sono rivelate vincenti?
Non credo siano propriamente delle sfide. Ci si presenta sul mercato con il prodotto, con delle strategie, con il proprio bagaglio di esperienze e conoscenze. Quello che conta oggi è vendere un articolo che abbia un valore, ma che sia alla portata di tanti. E la nostra linea di prodotti Marie Ange si ispira proprio a questo concetto. Vendiamo bellezza! Le nostre scatole, con sopra le leggiadre fatine con le ali, sono uno scrigno elegante e bello, che racchiude i nostri dolci. Le praline di cioccolato, la pasticceria, i torroncini, ma è un mondo di bellezza e di preziosità nel quale ognuno può entrare ad un costo accessibile. Una magia che è il risultato di una strategia commerciale e un marketing vincenti, perché con i piedi ben piantati nel mondo reale, e che ci hanno permesso di essere protagonisti nei mercati internazionali dove le esigenze di acquistare a prezzi molto competitivi vanno di pari passo con un’offerta di qualità. Con queste prerogative, negli anni abbiamo anche conquistato un’importante fetta di mercato sul territorio nazionale dove siamo presenti nelle principali insegne della distribuzione organizzata, e le nostre importanti campagne pubblicitarie sulle reti Rai e Mediaset hanno dato un notevole contributo alle vendite.
Lei ha dimostrato che l’impegno, il duro lavoro e la dedizione sono elementi fondamentali per avere successo. Eppure se potesse fare la lista dei desideri da sottoporre alle Istituzioni sia locali che nazionali per un sostegno alle imprese del Sud, cosa chiederebbe?
Dietro ogni successo, piccolo o grande che sia, c’è la passione per il proprio lavoro, certamente la dedizione e l’impegno ma anche spirito di sacrificio. Dove c’è passione e amore per quello che fai, nessun ostacolo è insormontabile, tutto diventa fattibile e la fatica non produce stanchezza.
Una lista di desideri da sottoporre alle Istituzioni? Non basta e non serve esprimere desideri, occorre educare le menti ad uscire da meccanismi che conducono all’apatia, alla rassegnazione e talvolta al vittimismo. Viviamo in una terra, la Sicilia, ricca di risorse inesplorate, dove ci si può veramente dedicare ad esperienze per crescere, costruire e avviare percorsi lavorativi vari e realizzare attraverso il lavoro il benessere che manca.
Senza la mentalità, la voglia di rischiare e di mettersi in gioco, senza la forza di credere che si possa cominciare da poco e con poco crearsi un futuro, le Istituzioni, le strutture, le infrastrutture non possono fare molto. È chiaro che in un Paese moderno, le Istituzioni dovrebbero essere meno burocratizzate, dovrebbero incoraggiare ad osare, a sviluppare idee concrete, dovrebbero dare stimoli e agevolare chi si mette in gioco con un’assistenza veloce, pratica, essenziale, moderna. Dovrebbero raccogliere prontamente le energie e la voglia di fare e permettere di realizzare “il fare” con la rapidità e la consapevolezza di aiutare a cogliere e sostenere ogni opportunità di crescita del territorio.
Marco Sonsini
Editoriale
Perché la Signora delle Fate? Perché proprio dal gusto di Anna Di Costa, l’intervistata del numero di dicembre di PRIMOPIANOSCALAc, nasce la collezione Marie Ange, decorata da leggiadre fatine, così le definisce Anna, dalle ali leggere e trasparenti. Non poteva esserci storia migliore per l’ultimo numero dell’anno, una bella storia nella quale non troverete nemmeno l’ombra del buonismo. Ci troviamo in Sicilia, l'isola dai mille volti, delle contraddizioni più forti e a volte più stridenti: contraddizioni sul piano del paesaggio, contraddizioni sul piano del carattere dei siciliani, contraddizioni sul piano storico, economico e sociale. Dichiarò una volta Leonardo Sciascia: Non ho mai potuto amare la Sicilia con totale abbandono, senza rinunciare a provare insieme insofferenza, avversione, risentimento. Risentimento per quello che in lei c'è di vecchio, di stupido, di assurdo, per quella sua capacità di trasformare subito anche il nuovo in vecchio. Eppure so che con la Sicilia ho sempre dovuto e voluto fare i conti, restandoci; e questo mio restarci caparbio è pure alla fine una grande dichiarazione d'amore. Anche quello di Anna Di Costa è stato un restare caparbio, senza nemmeno un briciolo di risentimento o avversione. Tutt’altro. Anna e il fratello Enzo hanno deciso di impegnarsi nel ‘fare’ nella loro amata terra. Qui, partendo da un piccolo laboratorio di fruttini di marzapane, hanno realizzato uno stabilimento produttivo all’avanguardia, che produce alta pasticceria e che la esporta in tutti i Continenti. Il pensiero corre ad un altro importante scrittore siciliano, Tomasi di Lampedusa il quale sosteneva: In Sicilia non importa far male o far bene: il peccato che noi non perdoniamo mai è semplicemente quello di "fare". Fuori razza questi Di Costa, che del ‘fare’ hanno fatto un motivo di vita. Ma fuori razza non solo in questo. Nell’intervista con la Di Costa non troviamo nemmeno l’ombra del vittimismo, nessuna lamentela, nessuna richiesta di aiuto allo Stato. Anche quando pungolata da una nostra domanda specifica, continua a sostenere che prima bisogna metterci impegno e tanto lavoro e poi, se le Istituzioni collaborano a rendere il contesto competitivo, tanto meglio. Certo colpisce ancora leggere delle resistenze delle donne siciliane a lasciare casa e famiglia per andare a lavorare. Ed è proprio nella più generale necessità di crescita culturale che Anna di Costa vede la grande sfida. Bisogna iniziare dalle persone, poi le strade si possono costruire. Ma ‘strutture e infrastrutture’ senza cambiamento culturale servono a poco. Un ultimo commento. Anna Di Costa non vanta mai la bontà dei suoi prodotti, in perfetta coerenza con la sua riservatezza. Altro elemento di riflessione.
Con questo numero di dicembre all’insegna di una storia di impegno, successo e ottimismo, ma senza dimenticare i buonissimi dolci della tradizione siciliana e non, tutti noi di Telos vi auguriamo Buone Feste ed un sereno 2019.
Mariella Palazzolo
Anna Di Costa è la Vice Presidente della Di Costa, S.p.A. un’importante azienda dolciaria siciliana, che nasce da un sogno e dalla volontà di fare impresa nella propria terra d’origine. Ma non è sempre stato così. Anna si laurea in Lingue e Letterature straniere e trova il suo naturale sbocco nell’insegnamento. Insegna per molti anni fino a quando, alla scomparsa del padre, decide di lasciare il posto fisso, quasi una bestemmia per amici e parenti, e affianca il fratello Enzo nella conduzione e nello sviluppo dell’impresa di famiglia. Con grandi sforzi economici e finanziari, Anna e Enzo Di Costa imboccano la strada dell’industrializzazione con l’installazione di impianti tecnologici all’avanguardia per lo sviluppo delle varie attività produttive. Nel 1995 viene inaugurata la nuova sede dello stabilimento a Francavilla di Sicilia, in un tratto di terra, la Valle dell’Alcantara, a due passi da Taormina, in un luogo tra i più belli e suggestivi del mondo. Nel 2008 l’azienda diventa una SpA, ed Anna assume il ruolo di direttore generale. L’impresa Di Costa, che all’origine era un semplice laboratorio di fruttini di marzapane, può oggi vantare 120 dipendenti diretti e dà lavoro ad un grandissimo indotto. Anna Di Costa inizia sin da subito a viaggiare per lavoro, dalla Cina, al Vietnam, Cambogia, Singapore, Indonesia, Australia, India, Stati Uniti fino all’America Latina, agli Emirati Arabi, Israele, Egitto, Tunisia. Senza dimenticare l’Europa. Interpreta il viaggio non solo come strumento di lavoro, ma come conoscenza di vita, apertura mentale, flessibilità e accettazione di stili e abitudini diverse da quelli propri. Tra le sue altre passioni troviamo la cucina, l’arte e la lettura. Con un particolare interesse per le pubblicazioni di psicologia. Ama il cinema, ma non la tv, e ci confessa di canticchiare mentre guida.
Marco Sonsini
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