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Telosaes.it

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Maggio 2018, Anno X, n. 5

Patricia Wengraf

La signora del mercato dell’arte

Nella maggior parte dei Paesi Europei vi sono norme che disciplinano l’esportazione delle opere d’arte che si trovano sul territorio nazionale da almeno 50 anni. Ma in Italia sono sempre state più severe rispetto alla Francia o alla Gran Bretagna. Questo ha certamente ostacolato il mercato delle opere d’arte. Un altro fattore che ha spinto molti giovani mercanti d’arte italiani all’estero è il peso della burocrazia e la mancanza di clienti stranieri.

Telos: Lei è tra i più importanti mercanti al mondo di bronzi, sculture e opere d’arte. Qual è stato, secondo Lei, l’impatto della crisi economica nell’Arte a livello globale?

Patricia Wengraf: Non sono un’economista, quindi posso rispondere soltanto dalla mia personale prospettiva di mercante di arte antica dei grandi maestri. Il mio periodo di maggior successo è iniziato nel 2007 sia perché il proprietario di alcuni capolavori, che tentavo di acquistare da più di 25 anni, ha finalmente deciso di venderli, sia perché in quel periodo riuscii ad aggiudicarmi anche altre opere. Inoltre, e per fortuna, i miei clienti collezionisti decisero di investire più nelle loro collezioni che nel mercato azionario.
Inoltre sono stata avvicinata da alcuni giovani collezionisti con i quali attualmente collaboro. Sono a conoscenza però del fatto che molti mercanti d’arte e consulenti con meno esperienza (specialmente nell’arte contemporanea) prima o dopo il 2007 sono stati costretti a chiudere. Ma questo è normale nel mondo degli affari. Allo stesso modo, seppur per motivi differenti, numerosi mercanti di arte antica dei grandi maestri hanno deciso recentemente di ritirarsi, spesso alla scadenza dei loro contratti di affitto. Lei mi ha chiesto quale impatto abbia avuto la crisi economica. Beh, fino ad ora l’indice Dow Jones e l’FTSE si mantengono a tutt’oggi alti…nonostante Trump e la Brexit. E nel 2017 le case d’asta hanno registrato un aumento globale del valore delle vendite del 25%.

Una collezione d’arte inizia sempre come un atto d’amore ma, anche se la passione può rimanere, la collezione solitamente finisce con l’essere considerata un importante investimento economico - tale da meritare una programmazione fiscale. È questo un aspetto che le Istituzioni dovrebbero considerare se decidono di sostenere lo sviluppo del mercato? E come?

I collezionisti privati con i quali collaboro sono professionisti esperti nel loro campo. Hanno quindi le idee molto chiare su quanto vogliono investire nelle loro collezioni. Prendono seriamente in considerazione il profilo della fiscalità, o perlomeno sanno perfettamente che vi sono diversi piani di tassazione.
Potrebbero decidere di investire più di quanto inizialmente previsto nel caso si rendessero disponibili sul mercato alcune importanti opere d’arte oppure se proponessi loro una mostra della loro collezione che preveda la redazione del catalogo e il mio ruolo di curatore. Questo accrescerebbe il valore della collezione.
Fino a poco tempo fa il governo USA permetteva di pagare le tasse tramite il lascito di opere d’arte ai musei.
Storicamente hanno beneficiato di questa politica sia i collezionisti privati che i musei, ora bisognerà vedere se il cambio di politica di Trump avrà un impatto sulle scelte d’acquisto dei collezionisti americani.
I governi europei invece, non hanno mai concesso alle persone agevolazioni fiscali in cambio di opere d’arte, anche se ora la Francia offre questa possibilità alle imprese (fino al 10% del loro utile netto annuale) se donano, ad un museo, un’importante, e ambita, opera d’arte.

La ragione principale della tradizionale minor importanza del mercato dell’arte italiano rispetto a quello della Francia, della Gran Bretagna e degli USA sembra essere l’approccio strettamente protezionista della nostra disciplina di settore. Senza prospettare riforme rivoluzionarie, c’è qualche intervento normativo che possa avere un impatto positivo sull’attuale mercato dell’arte, oggi in stallo?

Il punto di forza del mercato dell’arte di Londra risiede nella competenza e perizia dei suoi mercanti, quello di New York nel potere di acquisto dei collezionisti. Entrambi hanno tradizionalmente considerato l’Italia e la Francia come dei luoghi di provenienza di arte antica.
Ma sia in Francia che in Italia ci sono importanti collezionisti che hanno sempre preferito mantenere un basso profilo e, nonostante abbiano le stesse disponibilità finanziarie di alcuni collezionisti USA, di rado hanno scelto di investire altrettanto in arte.
Nella maggior parte dei Paesi Europei vi sono norme che disciplinano l’esportazione delle opere d’arte che si trovano sul territorio nazionale da almeno 50 anni. Ma in Italia sono sempre state più severe rispetto a quelle francesi o britanniche. Questo ha certamente ostacolato il mercato delle opere d’arte. Un altro fattore che ha spinto molti giovani mercanti d’arte italiani all’estero è il peso della burocrazia e la mancanza di clienti stranieri.
Questi due punti critici hanno contribuito a privare Via Maggio, a Firenze, e Via del Babuino a Roma della presenza di negozi d’arte. Alcuni si sono trasferiti a Londra e altri a New York, dove è più facile lavorare. È curioso come invece il mercato dell’arte a Genova sia ancora fiorente.

Un’ultima domanda sulla sua straordinaria carriera di mercante d’arte e di studiosa. Tra le tante sue scoperte e acquisti quale considera i più importanti?

Nel 1981 fui tanto fortunata da acquistare un bronzo eccezionale, un’opera perduta dello scultore fiorentino barocco Foggini, e ad un prezzo molto basso. Semplicemente perché un collega si era addormentato nella sala d’asta! Ma la mia prima grande scoperta ha comportato una lunga causa contro la Dogana francese, il Ministero della Cultura e il Museo di Francia, che ho vinto.  Nel 1987 avevo acquistato, ad un’asta ad Angoulême, una statua di marmo di uomo a grandezza naturale, descritta come ‘opera del XVIII secolo’, mentre avevo capito che si trattava, invece, di Paride, la scultura scomparsa di Gabriël Grupello, il ‘Bernini del Nord’.
La scultura adesso impreziosisce il Germanisches Nationalmuseum di Norimberga, al quale appartiene a ragion veduta.
La mia più grande scoperta, e quella per la quale sono più conosciuta, risale al 1989 mentre sfogliavo un catalogo di Christie’s. Mi imbattei in una statua di donna a mezzo busto descritta come ‘Venere marina del XVIII secolo’, che ho riconosciuto essere invece un’opera del Giambologna, ancor prima di verificare nel volume di Raffaello Borghini del 1584, dove la descrizione della Fata Morgana coincideva in tutto e per tutto all’immagine del catalogo. La statua è stata recentemente esposta a Firenze, all’interno della mostra ‘Il Cinquecento a Firenze’.
Meno importante è stata quella del bronzo Cavallo al passo semplicemente descritto come ‘padovano del XVI secolo’ che mi aveva affascinata quando apparve ad un’asta a Firenze. A differenza di altri esperti di bronzi, che conoscono poco i cavalli, io ne ho praticamente cresciuto uno, e ancor oggi mi diverto a cavalcare quando posso.
Così, nel Cavallo al passo ho notato che lo scultore aveva stranamente raffigurato il cavallo con un difetto di andatura. Anche la coda del cavallo era annodata in maniera singolare. Il modello che aveva ispirato l’artista si è rivelato quando sono andata a vedere gli schizzi dei cavalli di Leonardo Da Vinci, alcuni dei quali avevano proprio queste caratteristiche. Oggi è in prestito al Metropolitan Museum of Art di New York, dalla Quentin Foundation per la quale ho anche trovato, nascosto sotto diversi strati di polvere, il migliore calco ad oggi conosciuto della statuetta di bronzo Marte, sempre opera di Giambologna, e più recentemente un modello di terracotta per uno sconosciuto medaglione di bronzo, anch’esso di Giambologna.
Dal 2000, per un altro cliente ho formato la più bella collezione di bronzi di Giambologna, esposti nella mostra Renaissance and Baroque Bronzes from The Hill Collection alla Frick Collection nel 2014. La collezione include lo straordinario e davvero entusiasmante Bacco, un raffinatissimo bronzo, da molti attribuito ad Adriaen de Vries. Oltre ad aver scoperto queste opere fantastiche, mi diverto molto a lavorare con i miei clienti, che puntualmente diventano miei cari amici, per creare le loro collezioni e per sviluppare il loro occhio.

Marco Sonsini

Editoriale

Ci voleva Silvio Berlusconi, combattuto tra astenersi o votare contro la fiducia al tentativo di governo M5S e Lega, per portare alla ribalta delle cronache AMART, la mostra mercato dell’antiquariato a Milano, dove sembrava avesse comprato un nudo di donna di Chagall. E invece niente Chagall, il nudo di donna si scopre essere del pittore romano Giuseppe Carosi, esposto per la prima volta alla Biennale di Venezia nel 1924. Ma se non fosse stato per la presenza di Berlusconi e per la contingenza politica AMART sarebbe arrivata sulle pagine dei giornali? No, non credo proprio. Eppure mai come in questi ultimi venti anni arte, mercato, cultura, economia e finanza hanno incrociato i propri percorsi. L’artista cinese Ai Weiwei ha detto 'tutto è arte, tutto è politica'. Potremmo aggiungere che tutto è economia. Il valore di arte e denaro è dettato da una convenzione sociale, da un riconoscimento astratto; in fondo, sono entrambi sistemi simbolici dal valore assegnabile.  In Italia il mercato dell’arte ha assunto sempre più i contorni di un’industria dello spettacolo a partire dagli anni ’80. Mostre monstre dedicate a un pubblico bulimico e che va di fretta, senza o con poca attenzione ai contenuti, ma interessato alla condivisione social. Quando invece indirizziamo lo sguardo al mondo dei collezionisti, ci rendiamo conto che i veri protagonisti oggi sono i mercanti d’arte (art dealer) e i consiglieri d’arte (art advisor). La figura dell’art dealer è stata codificata in Gran Bretagna nel secondo dopoguerra e presume una specializzazione settoriale. Patricia Wengraf, che PRIMOPIANOSCALAc ha intervistato questo mese, è un importante esponente di questa categoria. Studia, acquista e vende da decenni sculture, folgorata in gioventù da una mostra sui bronzi del Giambologna. La Wengraf ci racconta di questo amore e di come abbia comprato e rivenduto pezzi museali che ora si possono ammirare al Metropolitan, al Louvre, Getty, Bode, British Museum. Il suo mentore è stato il grande storico dell’arte Sir John Pope-Hennessy, che incoraggia il suo interesse per i bronzi- ci narra Wengraf- e tramite Pope-Hennessy incontra, nel 1982,  Claudia Quentin, figlia di un magnate argentino, e grande collezionista d’arte.  Per la Quentin Foundation la Wengraf forma una collezione di bronzi rinascimentali e modelli in terracotta, poi esposti alla Frick Collection di New York nel 2004. Dieci opere di questa raccolta sono state recentemente concesse in prestito al Metropolitan Museum of Art di New York, dove sono ora visibili. La Wengraf è quindi sia un mercante d’arte che un consigliere d’arte, nel senso che cura anche la creazione di vere e proprie collezioni, acquistando le opere direttamente per il collezionista, senza investire di tasca propria. Ma questo termine sta assumendo un altro significato, forse perché arte e finanza non sono mai state così in simbiosi come negli ultimi anni, anche in Italia: per banche e SGR è diventato quasi un dovere offrire ai clienti servizi di art advisory, perché sono in aumento coloro che scelgono le opere d'arte per diversificare il portafoglio e proteggere i propri risparmi. I motivi sono diversi: hanno a che fare con la scarsa attitudine al rischio e con i vantaggi fiscali, non più esclusivamente con la passione per il bene artistico.  Ad esempio Thierry Ehrmann, fondatore e presidente di Artprice, la principale banca dati mondiale del mercato dell’arte, parla di un ‘netto miglioramento della liquidità delle opere d’arte’ e fa notare che, mai come ora, questo mercato ‘garantisce la possibilità di acquisto e di vendita, al posto giusto e nel momento giusto. In un'epoca di tassi bancari negativi, l’arte offre un’alternativa di investimento particolarmente competitiva e accattivante’. In Italia, come ci dice la Wengraf, abbiamo degli ostacoli allo sviluppo di questo mercato legato ad una legislazione che non ne favorisce la crescita. Uno degli elementi fiscali che hanno invece dato una mano al mercato è l’assenza di una tassa sulle plusvalenze che derivano dalla compravendita delle opere. Creare un quadro regolatorio che favorisca lo sviluppo di questo settore è un’ovvietà. L’attenzione del governo dovrebbe rivolgersi a quei Paesi, come gli Stati Uniti d’America, la Gran Bretagna o la Francia, che tradizionalmente hanno messo in atto sistemi di incentivo al mecenatismo e al collezionismo.  Nel nostro lavoro di lobbisti ci siamo accorti che nella Bozza di Legge di Bilancio 2018, si stava tentando di regolare, nel senso di eliminare, l’attuale regime fiscale delle plusvalenze per i privati: unico elemento che anche gli altri Paesi ci invidiano. Tentativo non andato in porto. Ci sarà mica stato lo zampino del lobbista?

Mariella Palazzolo

Patricia Wengraf

Patricia Wengraf è tra i massimi esperti mondiali di bronzi, sculture e opere d’arte.
Svolge la sua attività di mercante d’arte e art advisor a Londra dal 1979, ed è rinomata per aver scoperto alcune tra le più raffinate opere d’arte in circolazione, soprattutto nel campo dei bronzi del Rinascimento e del Barocco, per i quali è ampiamente riconosciuto che Patricia abbia un ‘occhio’ eccezionale.
Grazie alla sua approfondita competenza da fine conoscitore, ha pubblicato numerosi saggi e articoli sulla scultura dei grandi maestri. Il primo ad incoraggiarla a scrivere un breve articolo per The Burlington Magazine (pubblicato a dicembre 1988), sulla sua scoperta di una coppia di bronzi che portavano una firma simile, fu Anthony Radcliffe, l’esperto di bronzi del Victoria and Albert Museum di Londra.
I suoi cataloghi delle mostre European Bronzes from The Quentin Collection nel 2004 e Renaissance & Baroque Bronzes from The Hill Collection nel2014 -entrambe allestite presso la Frick Collection a New York e curate da Wengraf- hanno creato un nuovo valore di riferimento per la produzione editoriale di cataloghi e per gli studi sui bronzi. Il Prof. Weil-Garris Brandt commentò: “Ci ha mostrato con quale sguardo analizzare davvero i bronzi”. Wengraf ama l’opera, il cinema e la cucina – soprattutto quando si trova nella sua casa in Toscana, dove trova prodotti freschissimi.

Marco Sonsini