Marzo 2022, Anno XIV, n. 3
Giorgio Parisi
La Meraviglia della Complessità
“Di un sistema complesso si può parlare a lungo e ha, ad esempio, la capacità di cambiare velocemente il suo comportamento. Questo è essenzialmente ciò che mi interessa della complessità.”
Telos: Perché ha scelto la fisica?
Giorgio Parisi: Ero interessato molto alle scienze esatte, la matematica e la fisica, anzi da bambino mi attirava anche l’astrofisica. Ero anche capace di fare i conti molto velocemente. Iniziai a leggere sulla storia della matematica, andavo in biblioteca e leggevo di tutto nelle enciclopedie, però non erano mai dei testi professionali; erano dei testi divulgativi. Questo mio interesse è andato avanti per tutto il liceo, ma non mi immaginavo, non avevo nemmeno provato a immaginarmi quello che avrei fatto all'università. La mia idea era che avrei deciso all'ultimo momento. Mio padre era assolutamente convinto che dovessi fare ingegneria: per lui il non plus ultra per una persona abile in matematica era fare ingegneria.
Dopo la maturità ho cominciato a riflettere davvero circa cosa volessi fare. A casa mia si parlava essenzialmente di ingegneria edile; non riflettei sul fatto che ci fosse anche ingegneria elettronica, aeronautica o di altro tipo. Inoltre, ma di ciò mi resi conto dopo, non avevo nessuna informazione circa cosa studiassero i matematici del ventesimo secolo, mentre sapevo, poiché di questi aspetti si parlava nei libri, quali fossero gli argomenti della fisica del tempo. Enrico Fermi tra tutti! La fisica contemporanea aveva colpito molto di più la mia immaginazione rispetto alla matematica perchè quest'ultima era un buco nero informativo. Il motivo, d'altro canto, è chiaro: adesso sono usciti un po' di libri che parlano della matematica recente, ma, in realtà, la matematica è qualcosa di più astratto e quindi è molto più difficile da raccontare della fisica. La fisica si concentra sulle cose, e quindi c'è modo di sorvolare sui concetti.
‘Metto ordine nel caos’. Lei ha vinto il Premio Nobel per le Sue ricerche sui sistemi complessi. Cos’è un sistema complesso?
In generale, tutte le parole del linguaggio naturale non hanno un significato unico; hanno tanti significati, tante sfumature differenti. Per esempio: a volte complesso è sinonimo di incomprensibile, a volte è sinonimo di complicato. Un circuito elettrico di un computer o della televisione, qualcuno potrebbe definirli complessi. In realtà, questi ultimi non sono complessi, bensì complicati. Complesso è un concetto diverso. Altri ancora dicono: tutto ciò che non è semplice è complesso. Nella stessa fisica matematica la parola complesso ha varie accezioni. Una possibile accezione di complesso è, ad esempio, quello che definiremmo un problema complesso: ossia, un problema in cui non c'è una soluzione facile da trovare. Immaginiamo di dover risolvere un puzzle in cui tutti i pezzi sono quadrati, dello stesso colore e della stessa dimensione: questo puzzle è risolvibile in un istante, un problema semplice da risolvere. Se invece ci troviamo di fronte un puzzle con pezzi dalle forme tutte differenti, è più difficile risolverlo. A questo punto, siamo di fronte a un grado di complessità già più elevato.
Partiamo da un esempio più attinente, per meglio cogliere la differenza tra semplice e complesso. Ci vengono dati un certo numero di oggetti e dobbiamo disporli in una scatola, magari un certo numero di bagagli da sistemare nel portabagagli dell'auto. Se i bagagli sono dei cubi regolari, è chiaro che questi entreranno bene nel bagagliaio, e che la soluzione è facile da trovare. Se invece i bagagli sono di forma diversa e irregolare, possiamo provare varie soluzioni, di tipo abbastanza diverso l'una dall'altra e alcune saranno quasi ottimali. Dunque, si possono trovare tante soluzioni che sono quasi la migliore, e non è facile distinguere tra queste soluzioni. Basta pensare al portabagagli: una persona riesce a mettere tutto all'interno, tranne, ad esempio, i bastoncini, poi a un certo punto cambia idea e decide di girare le valigie e disporle da verticale in orizzontale. Dunque, una composizione completamente diversa che le permette di sistemare tutte le sue valigie all'interno. Questo è un esempio di problema complesso.
Ecco un'altra definizione di sistema complesso: è un sistema di cui si può parlare a lungo. Se abbiamo dell'acqua all'interno di un bicchiere, possiamo: 1) constatarne la presenza, 2) quantificare il liquido nel bicchiere, 3) stabilirne la temperatura. Se si è proprio pignoli, si può anche individuare la pressione atmosferica dell'acqua. A un certo punto, tuttavia, finiscono le caratteristiche dell'acqua pura, non c'è molto da dire. Oppure se abbiamo una sequenza di lettere scritte a caso, come nell'esperimento di Borges con le scimmie che scrivono a caso, e ci dicono: mi faccia una recensione di questa pagina. Potremmo osservare ad esempio che la E è molto più comune della A, ci sono molte Z, dopo un po' però non avremo molto altro da aggiungere. Se invece ci danno un brano dei Sepolcri, è chiaro che potremo dire moltissime cose. Se ci viene presentato un cane, e ci si chiede di parlare di questo cane, descrivere cosa fa, etc. ci saranno tantissime cose da dire. Il cane sta giocando, il cane sta dormendo, il cane sta facendo quest'altra cosa, il cane sta bene, ha qualche linea di febbre, è un po' invecchiato, ha un po' di artrosi alle zampe… Il discorso che si può fare su un cane, che è un sistema complesso, è completamente diverso.
L'altra cosa importante connessa con la complessità dei sistemi è la capacità di un sistema complesso di cambiare velocemente il suo comportamento. Pensi a un cane che dorme; battiamo le mani e il cane si sveglia: in generale (ciò significa) avere una capacità reattiva per cui si può passare da un tipo di comportamento ad un altro. Dunque, il sistema complesso è un sistema che ha nel suo repertorio un gran numero di comportamenti possibili, che può passare da un comportamento all'altro mentre il bicchier d'acqua può passare dal liquido al gassoso se si scalda la temperatura, o da liquido a solido se si abbassa, ma di certo non ha un gran repertorio di azioni possibili. Le cose cambiano per i tutti i sistemi viventi, che sono sistemi complessi, perché possono cambiare, a partire dalle cellule in su, a partire dalle situazioni. Sono adattabili a un ambiente, possono sopravvivere a un ambiente diverso. Il nostro cervello è un esempio: pensiamo una cosa, poi immediatamente ne pensiamo un'altra, poi un'altra ancora.
Il numero di cose alle quali possiamo pensare è enorme e possono portare dall'una all'altra.
Questo è essenzialmente ciò che mi interessa della complessità.
Quanto è importante l’insegnamento della scienza nella scuola, e quanto lo è la divulgazione scientifica? E perché?
L'insegnamento della scienza è estremamente importante. Solo se insegnata bene, può reclutare nuovi giovani scienziati: la scienza può andare avanti solo se le nuove generazioni se ne interessano, si iscrivono a facoltà scientifiche e decidono di fare gli scienziati. Però questo interesse per la scienza nasce solo se la scienza è presentata; se non sanno che cos'è la scienza non è possibile che i giovani se ne interessino.
Poi ci sono altre considerazioni di natura differente. La scienza in generale è un’impresa che costa; avere una comunità scientifica attiva è qualcosa che prende una parte diciamo non trascurabile delle risorse nazionali. In alcuni Paesi il 3% del PIL è dedicato alle ricerche scientifiche, in altri Paesi come l'Italia siamo a poco più dell'1%. Se gli scienziati chiedono ai cittadini di finanziare la scienza è giusto che poi gli scienziati spieghino ai cittadini cosa hanno fatto con i loro soldi. Ma non solo è giusto, è necessario, perché se la scienza rimane in una torre d'avorio non è detto che poi i governi decideranno di continuare a finanziarla.
Un altro motivo per il quale l'insegnamento della scienza è estremamente importante è questo: l'umanità sta affrontando una serie di crisi. Crisi dovute all'inquinamento, all'esaurimento delle risorse, una crisi climatica abbiamo una crisi sanitaria, come abbiamo visto in questi due anni. Io sono assolutamente convinto che il modo più indolore mediante il quale noi possiamo uscire da queste crisi è fare leva sulla scienza. È necessario che la scienza progredisca costantemente: i vaccini che sono stati fatti per il Covid sono l'esempio tipico di quello che la scienza è fortunatamente riuscita a fare, perché il Covid è arrivato adesso. Se il Covid ci avesse colpiti vent'anni fa, i vaccini non li avremmo avuti così rapidamente.
Ma c’è una certa diffidenza verso la scienza, come testimoniato dalla riluttanza, se non addirittura il rifiuto a vaccinarsi. Credo che per abbassare il livello di diffidenza è importante far capire alle persone come procede la scienza, come la comunità scientifica valida i risultati.
Il punto è questo: argomenti di tipo scientifico assumono un ruolo di maggior rilievo nelle decisioni della politica. Diventa però importante, a questo punto, che le persone che decidono la politica, in ultima analisi i cittadini che eleggono i propri rappresentanti, vogliono, siano in grado di capire, per quanto possibile, gli argomenti che vengono presentati.
Politica e consenso. Lei ha studiato chi determina la rotta del gruppo negli stormi di uccelli che popolano il cielo di Roma. La sua teoria si potrebbe traslare in politica, o nella società?
Lei usa la parola traslazione: traslazione è un termine che viene utilizzato in medicina. Si chiama medicina traslazionale la parte della medicina che cerca di spostare le scoperte scientifiche al campo clinico. In questo senso la parola traslare va benissimo! Il problema è che gli uccelli sono molto, molto differenti dagli uomini. Gli stormi quando devono decidere hanno un ventaglio di possibilità molto piccolo: andare in alto, andare a destra, a sinistra, in basso, accelerare, rallentare, allontanarsi tra di loro o avvicinarsi tra di loro.
Dal punto di vista della politica, la cosa è molto più complicata: intanto il ventaglio di cose da scegliere è estremamente elevato. Poi, ci sono scelte di tipo diverso.
Pensavamo che il nostro metodo di studio si potesse applicare, all'interno della società, alla moda. Abbiamo provato a farlo ma poi la cosa si è rivelata troppo complicata e non ci siamo riusciti. È vero che la moda da un lato è influenzata da marketing e pubblicità. Ma siamo anche estremamente influenzati, almeno questa è la mia sensazione, da quello che fanno i nostri vicini, quelli che incontriamo per strada, i nostri amici. Questo forse rassomiglia di più al comportamento degli stormi, perché in questo caso noi guardiamo quello che succede ai nostri vicini, e molto spesso tendiamo, ovviamente non sempre, a fare le cose che fanno gli altri. Ci sono delle novità, e noi seguiamo questo tipo di novità.
Una cosa che abbiamo studiato è, per esempio, i nomi: l'abbiamo notato tutti che ci sono dei nomi di moda e nomi che poi passano di moda. Però, come va questa moda? Ci sono varie domande che si possono fare circa i nomi. Quanto tempo ci mette, per esempio, un nome che non era utilizzato a diventare estremamente popolare, quanto rimane popolare il nome, quanto ci mette ad andare via. Ma la prima cosa, come per gli stormi, è avere i dati. Per quanto riguarda i nomi, noi abbiamo preso gli Stati Uniti, per i quali c'è un elenco di quanti nomi vengono utilizzati in ciascuno dei 50 Stati, anno per anno, e abbiamo incominciato a studiare queste serie storiche di nomi. Ci siamo accorti che nel momento attuale siamo in una situazione nella quale, sembra ridicolo, negli Stati repubblicani i nomi sono abbastanza simili tra di loro, e negli Stati democratici, che stiano ad Est o ad Ovest, i nomi sono abbastanza simili tra di loro. Non credo ci sia una ragione politica per la quale chiamarsi Isabel o Jennifer. Ma quello che probabilmente succede è che si tratta di persone che hanno dei collegamenti tra di loro o di persone che guardano gli stessi canali televisivi, e così via.
È un fenomeno, forse un po’ più facile da studiare, e noi abbiamo cominciato a studiarlo.
Per la politica, direi, è molto più difficile.
Marco Sonsini
Editoriale
Gli scienziati, un paese serio, deve attirarli, coltivarli, crescerli, nel senso letterale della parola. Questo è il pensiero di Giorgio Parisi, il nostro intervistato di questo mese, che afferma: “L’insegnamento della scienza è estremamente importante. Solo se insegnata bene, può reclutare nuovi giovani scienziati: la scienza può andare avanti solo se le nuove generazioni se ne interessano, si iscrivono a facoltà scientifiche e decidono di fare gli scienziati.” Sì, proprio lui, il Premio Nobel per la Fisica, che ha accettato di concedere a PRIMOPIANOSCALAc questa bellissima intervista. È di questi giorni la notizia della nomina di Parisi a presidente del comitato scientifico che elaborerà, entro luglio di quest’anno, il progetto culturale della Città della Scienza, il polo scientifico che sorgerà a Roma, nel quartiere Flaminio. Progetto a dir poco vecchissimo, che la Giunta Gualtieri ha deciso di riprendere in mano e rilanciare. Speriamo con migliori risultati di quelli ottenuti fino ad ora dalle varie amministrazioni che si sono succedute negli ultimi 10 anni. Parisi starà come ‘un pisello nel suo baccello’ nel progettare qualcosa che, per usare le parole del Sindaco Gualtieri “sappia parlare alla città e ai visitatori e che sia in grado di attrarre pubblico giovanile, esaltando la grandezza del sapere scientifico e delle sue scoperte”. Se c’è qualcuno che riesca a rendere semplici concetti difficili è proprio Parisi. Con una sfilza di esempi alla mia portata, è riuscito a spiegare cosa è un sistema complesso e perché ha deciso di studiare la complessità. Quando parla, Parisi diverte, intrattiene e interessa. Non ci si annoia MAI, anzi vorresti che non smettesse mai. Ve lo sareste mai immaginato che nel vostro cagnolino si cela un sistema complesso? Non ci credete? Leggete la risposta che il Prof. ha dato alla nostra seconda domanda. E vi riempirà di orgoglio scoprire che riuscire a caricare il portabagagli della vostra auto, soprattutto per le vacanze di tutta la famiglia, fa di voi un risolutore di problemi complessi. La gentilezza e la semplicità del Professore sono un suo carattere distintivo, condito da un senso dell’umorismo inarrivabile. Quando ci parlava della necessità per la scienza di conquistare la fiducia di tutti i cittadini, e ci diceva quanto sia “importante far capire alle persone come procede la scienza, come la comunità scientifica valida i risultati”, per metterle in grado di scegliere una cosa o l'altra, altrimenti non resta altro che 'fàmose a fidasse'- icastica espressione romanesca, resa celebre dal dialogo tra Manfredi e Tognazzi nel film ‘Nell’anno del Signore’.
Giorgio Parisi afferma di essersi occupato del caos, e che non c’è nulla, per lui, di più affascinante che trovare un ordine al suo interno. Proprio per questo è stato attratto dall’incanto dei fitti stormi di storni, rondini, e altri uccelli che ogni tanto vediamo volubilmente plasmarsi nel cielo, congiungersi e separarsi, formando un super-volatile, un uccello fatto di innumerevoli uccelli. Un sistema biologico complesso, cioè il meta-stormo. Il caos che si auto-organizza in un nuovo ordine, anch’esso instabile e disordinato. Parisi ha compreso che nello stormo non c’è un capo che comanda gli altri, ma è l’interazione tra i vari individui che determina la rotta del gruppo. Questo lo ha sempre colpito perché dimostra che i movimenti collettivi non sono altro che la sommatoria delle storie individuali. Crede fermamente che gli scienziati non possono rimanere chiusi in una torre d’avorio, ma debbano meritarsi il finanziamento che i cittadini danno, con le loro tasse, alla loro attività. Come? Ad esempio, spiegando nel modo più chiaro possibile quello che fanno. Se un governo decide di chiudere i rubinetti alla scienza, l’impatto concreto sulle nostre vite si farebbe sentire quasi immediatamente. Non dobbiamo dimenticare che viviamo in una società tecnologica e che la tecnologia si basa sulla scienza. “Prosciugando quest’ultima, si fermerà anche la prima. Oppure resterà appannaggio di quei pochi Paesi che continuano a investire in conoscenza” sostiene Parisi, e questa prospettiva ci inquieta non poco.
La veste grafica 2022 delle copertine di PRIMOPIANOSCALAc, dal sapore pop e quasi onirica, ritrae il volto dell’intervistato che porta, a mo’ di copricapo, alcuni elementi distintivi della sua opera, ruolo, vita… mescolati con la tecnica del collage, e come nel collage, le figure sono giustapposte le une alle altre, senza elaborazioni. Per Parisi abbiamo pensato alla medaglia del Nobel, alla sua amata Roma, al ballo, e a mago Merlino. Perché? Perché il buon professore, tra gli innumerevoli hobby e passioni, si diletta a scrivere favole, e una di queste si intitola ‘La bimba, la strega ed il Mago Merlino’. Ma dove troverà il tempo? Ah dimenticavo, è un premio Nobel, mica un umano generico medio come noi.
Mariella Palazzolo
Giorgio Parisi è Professore Ordinario di Fisica Teorica dell’Università “La Sapienza di Roma”.
Ad ottobre 2021 è stato nominato Premio Nobel per la Fisica, "per la scoperta del legame tra il disordine e le fluttuazioni dei sistemi fisici dalla scala atomica a quella planetaria". È il sesto italiano ad aver ottenuto questo riconoscimento. Lo stesso anno ha ricevuto il Premio Wolf. È il primo accademico italiano ad essere nella Clarivate Citation Laureates per “le scoperte rivoluzionarie relative alla cromodinamica quantistica e lo studio dei sistemi disordinati complessi”.
Dopo la Laurea in Fisica conseguita nel 1970, inizia la sua carriera come Ricercatore del Centro Nazionale delle Ricerche (CNR) e poi dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN).
Dal 1973 al 1974 ha lavorato alla Columbia University, nel 1976-1977 presso l'Institut des Hautes Études Scientifiques e, nel biennio successivo presso l'École Normale Superieure di Parigi.
Torna in Italia, e nel 1981 viene nominato Professore ordinario di Fisica Teorica presso l’Università degli Studi di Roma di Tor Vergata; nel 1992, ottiene la stessa cattedra presso la Sapienza di Roma, dove ha insegnato anche Teorie quantistiche, Fisica statistica, Probabilità.
Nel corso della sua carriera ha ricevuto numerosi riconoscimenti e premi, per citarne qualcuno: nel 1987 il Premio Feltrinelli per la Fisica; nel 1992 la Medaglia Boltzmann dell’International Union of Pure and Applied Physics per i suoi contributi alla teoria dei sistemi disordinati; nel 1999 la Medaglia Dirac per la fisica teorica; nel 2003 il Premio Fermi, nel 2005 il Premio Nonino, nel 2006 il Premio Galileo, nel 2007 il Premio Microsoft. Nel 2010 e 2016 è stato vincitore dell’Advanced grant dell’European Reasearch Council. È membro dell'Accademia dei Quaranta, dell'Académie des Sciences, dell'Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti, dell'Accademia Europea e dell'American Philosophical Society.
Dal 2018 al 2021 è stato Presidente dell'Accademia Nazionale dei Lincei.
Ha tantissimi hobby, dalla lettura di “tutti i tipi di libri” allo sport – sci, nuoto e snorkeling – ma negli ultimi anni si è appassionato delle danze etniche in cerchio, principalmente le danze greche. È anche un ballerino di balli di coppia, come la Salsa e la Bachata e, negli ultimi anni, il Forró, “una bella danza brasiliana che ha una bella musica ed è piena di sottigliezze ritmiche”.
È autore di centinaia di articoli, contributi a conferenze scientifiche, e di libri, tra i quali: In un volo di storni. Le meraviglie dei sistemi complessi, La chiave, la luce e l'ubriaco. Come si muove la ricerca scientifica,
È nato e vive a Roma, ed ha 74 anni. È sposato con Daniella Ambrosino, ha due figli, Lorenza e Leonardo, e un nipote di tre anni, Martino, che sogna di essere un Tyrannosaurus rex. Ed è proprio un tipo simpatico!
Marco Sonsini
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