Settembre 2020, Anno XII, n. 9
Cateno De Luca
Il Sindaco di Trincea
"Il Sindaco, per definizione, sta in trincea ed è un baluardo dello Stato sul territorio".
Telos: Ogni volta che si parla dell’elezione diretta del Presidente del Consiglio, viene utilizzata l’espressione, suggestiva, di Sindaco d’Italia. Ma allora è vero che un Sindaco ha, nell’amministrare la propria città, più potere di quanto non ne abbia oggi il Presidente del Consiglio?
Cateno De Luca: Il primo elemento, secondo me fondamentale, è la percezione che il cittadino ha del Sindaco rispetto al Presidente del Consiglio. Questo è un elemento importante perché il Sindaco, per definizione, sta in trincea ed è un baluardo dello Stato sul territorio, questo a prescindere dalla dimensione del Comune amministrato. Quindi, la percezione del Sindaco è quella di una figura più a portata di mano, più diretta e probabilmente questo dà anche una legittimazione alla figura del Sindaco nell’avere più poteri diretti e ad agire più direttamente.
C’è anche un altro elemento che ovviamente riguarda l’ordinamento costituzionale; a mio avviso non ci sono dubbi, in questo momento la figura del Sindaco è più legittimata del Presidente del Consiglio a “disporre”, perché direttamente eletto dal popolo. Ritengo che sia più legittimato, paradossalmente, il Sindaco rispetto al Presidente del Consiglio perché sotto questo profilo non c’è quell’elemento circolare: elezione diretta ed emanazione automatica di quello che è l’elemento autoritativo. Di conseguenza, capisco che si sia provato nel passato, e forse avverrà nel futuro, a cercare di creare, attraverso le necessarie modifiche costituzionali, una figura forte che effettivamente possa, oggi, impersonare questo principio del ‘Sindaco d’Italia’. Un soggetto quindi che viene investito direttamente dal popolo e che; diventa intoccabile rispetto ai giochi di palazzo. Come lo è anche il Sindaco: quando un Sindaco viene sfiduciato si va ad elezioni, non viene individuato un altro Sindaco. Per quello che è il mio modo di amministrare e per l'esperienza che ho fatto sul campo, vedo molto bene la figura del Presidente del Consiglio sganciata da quelle che sono le alchimie e le congiure del Palazzo. Concordo quindi con una modifica costituzionale che porti all’elezione diretta del Presidente del Consiglio.
La crisi del sistema dei partiti è stata molto probabilmente l’origine del diffuso sentimento anti-politico. Eppure questo distacco tra cittadini e la politica è molto meno forte quando si parla del Sindaco. Riscontra ancora passione politica tra i Suoi cittadini?
La metterei su un piano diverso, che parte dalla mia esperienza: io sono stato e sono l’antipolitica; ma dobbiamo prima declinare i significati di antipolitica. Credo che la gente oggi sia, in realtà, stanca dei palazzi, cioè di situazioni che vivono dinamiche totalmente scollegate dalle dinamiche quotidiane. Il vero problema è questo scollamento; non è un problema della politica, o di chi incarna in quel momento la politica, ma di palazzo. La mia frase preferita: “o cambi subito il palazzo nel quale ti trovi, o il palazzo cambierà te”, e a questo principio ho sempre informato la mia azione amministrativa. Dedico i primi due anni del mio mandato a fare profondi cambiamenti nel palazzo, per evitare di non potere, in seguito, cambiare più nulla. Questo è il rischio concreto di tutti gli amministratori quando entrano nel palazzo municipale o comunque per ogni figura di governo quando mette piede in un palazzo dove c’è un ambiente ovattato, dove c’è una prassi, alla quale sembra quasi scontato, ineludibile, adeguarsi. Il palazzo va spaccato realmente, concretamente, vivisezionato e riorganizzato. Le parole d’ordine della mia amministrazione, quando ci insediamo sono: la riorganizzazione della struttura in senso ampio e il risanamento economico finanziario, temi che sono comuni a qualsiasi luogo di governo.
Lo abbiamo sempre fatto e se il palazzo risponde alle esigenze della gente, la gente lo rispetta. Sono stato sempre eletto dalla gente, non dalla politica nel senso dei partiti. Però, allo stesso tempo, io sono politica, perché rendo reali le mie proposte politiche. Ecco perché poi va declinato il significato di antipolitica.
Devo ammettere che la gente mi vede come l’antipolitico, o meglio l’anti-partitico, quello che nei palazzi non si adegua ma li cambia. Questa è la mia esperienza, e ne ho pagato anche amaramente le conseguenze, ma è questo punto che ha colto la gente ed è per questo motivo che mi trovo a governare il terzo palazzo municipale.
Lei è Sindaco di Messina da poco più di due anni. La Sua storia politica è però molto intensa: oltre ad essere stato deputato dell’Assemblea della Regione Siciliana per ben tre mandati, è l’unico cittadino italiano ad aver ricoperto il ruolo di Sindaco in tre Comuni diversi. Ci potrebbe raccontare, con esempi tratti dalla vita vissuta, le differenze e le similitudini tra le storie che l'hanno portata alle tre sindacature?
Le racconto subito l’aneddoto che mi è stato ricordato ieri sera nel corso di una rimpatriata con i colleghi “banditi” – noi antichi componenti della banda musicale della metropoli di Fiumedinisi ci autodefiniamo così. Lì è dove sono stato eletto, per la prima volta, Sindaco. Mi è stato ricordato l’aneddoto di un vecchio Sindaco che mi diceva che se non avessi imparato a mangiare carne di capra non avrei mai fatto il Sindaco di Fiumedinisi. Il piatto storico di Fiumedinisi, che ne caratterizza la cultura culinaria, è la capra al forno. Ma purtroppo io odio la capra, odio la pecora, perfino il loro l'odore. Non riesco nemmeno a stare nell'ambiente dove si cucina, malgrado sia un elemento importante della nostra cultura locale. Bene, ho rotto quello che era l'incantesimo, una convinzione di un vecchio, e più volte eletto, Sindaco. Un ambiente molto chiuso, montano, si è dimostrato aperto alla mia elezione nel maggio del 2003: avevo già 31 anni e i fiumedinisani hanno colto qualcosa di diverso nella mia proposta politica, e non si sono lasciati influenzare da altro. Avevo iniziato a 18 anni a fare il Consigliere comunale proprio in quel Comune: ho fatto tutta la gavetta, attacchino di manifesti, Consigliere comunale, Assessore, capo dell’opposizione, ed infine Sindaco.
A 14 anni facevo parte della Democrazia Cristiana ed ero a capo degli attacchini della sezione DC di Fiumedinisi. Non nascondo il mio passato, anzi lo metto in evidenza, perché è lì che mi sono formato e quella è stata una scuola politica a tutti gli effetti. Ho cercato di fare un uso corretto degli insegnamenti appresi allora.
Dopo aver infranto il mito della capra mi sono dimesso da Sindaco di Fiumedinisi il 1° luglio del 2011, a
causa del mio primo arresto il 27 di giugno 2011, alle 21.45.
Piccola digressione: ho scritto addirittura un libro sulle mie vicende giudiziarie, ma qui vorrei solo dire che si
sono tutte chiuse a mio favore. Mi dimetto, dicevo, e mi presento a distanza di un anno alle elezioni di Santa Teresa di Riva, cittadina con la quale io non c'entravo nulla. Ma la scelgo perché era il Comune più importante che andava alle elezioni come test per decidere se continuare la mia carriera politica. Mi sono detto: “Provo a misurarmi su Santa Teresa di Riva, perché se va bene lì, allora ci sono possibilità di crescita”.
Il risultato di Santa Teresa di Riva è stato eclatante: vengo eletto Sindaco a maggio del 2012 contro tutti, sbaragliando il Sindaco uscente e con gli altri due candidati, entrambi ex sindaci.
La cosa paradossale è che la mia listarella indipendente ha preso il 6-7%, mentre io, come candidato a Sindaco, raggiungo il 37% e vinco al turno unico. Il mio mandato a Santa Teresa si conclude nel giugno del 2017. Mi preparo quindi per candidarmi alle Regionali il 5 novembre del 2017, ma in aprile avevo già lanciato l’idea di una mia candidatura a Sindaco di Messina. Ho dichiarato che avrei usato le elezioni regionali per fare una sorta di sondaggio sul gradimento della mia persona, e avrei valutato il mio risultato di Messina per prendere la decisione finale su una possibile candidatura a Sindaco. Vengo eletto all’Assemblea Regionale Siciliana per la terza volta il 5 novembre 2017 con risultati molto incoraggianti. Mi presento quindi a Messina come candidato Sindaco e vengo eletto.
Il mio rapporto con l’elettorato è proprio questo, non ho mai avuto niente da nascondere, non ho scheletri nell'armadio; non sarò mai ricattabile né condizionabile da nessun ambiente.
La Sua elezione a Sindaco di Messina ha degli aspetti politici di grande interesse. Lei si è infatti candidato a capo di una coalizione di sei liste civiche di centro e viene eletto al ballottaggio del 24 giugno con il 65,28% dei voti, battendo il candidato di centro-destra. Eppure nessuna delle liste che La appoggiavano ha ottenuto alcun seggio. Come se lo spiega?
Arriviamo all’elezione a Messina con un effetto che si verifica per la prima volta: un Sindaco che si presenta senza una lista che superi il 5% necessario per esprimere un Consigliere comunale.
Mi ero inventato sei liste perché dovevo dimostrare, almeno sulla carta, di avere un esercito: per mostrare dei muscoli che io in quel momento non avevo. Era importante perché mi scontravo con coalizioni che avevano 7-8 liste. Non posso negare che speravo che almeno una, quella dove ero candidato, raggiungesse il 5% per poter prendere i 17 consiglieri su 32: la lista arrivò al 4,5%. Molti mi hanno rimproverato di aver diluito il voto in troppe liste, ma vi ricordo che ho superato il primo turno con solo 1300 voti rispetto all'altro candidato. Se avessi presentato una lista in meno, non so se sarei riuscito a passare il primo turno. Non si saprà mai, ma doveva andare così e così sto amministrando.
L'effetto concreto è stato questo: dopo le dimissioni da deputato regionale, mi sono preso la responsabilità di andare avanti anche senza una maggioranza in Consiglio. Quindi, sto amministrando con il doppio rischio: quello normale di non riuscire a fare le cose, può capitare a tutti i sindaci, e quello, che è l'aggravante, di non avere la maggioranza in Consiglio comunale.
La maggioranza in Consiglio comunale va creata ad ogni occasione. Qui, ci sono vari metodi. Io sono per i metodi forti, partendo dal presupposto che gli atti che vanno fatti, vanno fatti e basta, e non hanno colore politico. Quando si tratta di risanamento finanziario e di riorganizzazione del palazzo, cioè di atti che hanno effetti benefici per i palazzi e per la comunità, non c'è colore politico. Io ho tracciato la “road map” per Messina con un cambio di passo, con un pacchetto di proposte che ci ha consentito di uscire dal baratro finanziario e di essere, oggi, una città che ha cominciato a riconquistare un pizzico di protagonismo: siamo primi per la spesa dei fondi comunitari europei e tra le poche città che hanno approvato il Bilancio con i conti a posto. Tutto ciò nonostante la mancanza della maggioranza.
Come abbiamo raggiunto questo risultato? Nella maggior parte dei casi sono stati “schiaffi pubblici”, scontri, e minacce di dimissioni, anche realmente presentate, per convincere il Consiglio comunale che la guerra politica è una cosa, mentre la cosa giusta da fare è un’altra storia.
Finora, questo gioco di forza è stato molto logorante ma ci ha portato a raggiungere risultati fondamentali alla città. La città lo comprende e ha espresso un ampio gradimento nei miei confronti, come emerge dalle statistiche e dai sondaggi commissionati dall’ANCI e da "Il Sole 24 Ore". Se oggi il Sindaco di Messina, infatti, in termini di gradimento è il secondo Sindaco in Italia un motivo ci sarà.
Il mio sforzo è quello di amministrare secondo quello che è l’interesse diffuso della gente e di questi risultati ne rendiamo tutti partecipi: abbiamo presentato la seconda relazione dell'attività svolta, un tomo di 1500 pagine, redatto rispettando i termini di legge. Risultati importanti, raggiunti anche senza la maggioranza in Consiglio. Non nascondo che per i Sindaci che hanno maggioranze blindate è tutto più facile...
Marco Sonsini
Editoriale
Tutto si può dire di Cateno De Luca, Sindaco di Messina da giugno 2018, tranne che passi inosservato. Né che esiti a far valere le sue ragioni di amministratore locale nei confronti della cittadinanza, cosa quasi scontata, ma persino del Governo nazionale. La crisi del Covid-19 ne è un esempio perfetto.
De Luca è balzato agli onori della cronaca, anche internazionale, per la sua personalissima, ma efficace, gestione della crisi e del periodo di confinamento. In una Regione che non aveva avuto sentore di una diffusione critica del virus, De Luca ha fatto di tutto per fare in modo che i messinesi rispettassero alla lettera gli obblighi di #IORESTOACASA dei decreti governativi. Anche in maniera plateale e colorita: controlli in prima persona sulla strada, droni sulla città, versioni in messinese di ogni singolo hashtag, o interpretazioni ancora più creative ma sempre utilissime. Ad esempio, per Pasquetta, per invitare i cittadini a stare a casa ha trasformato l’hashtag #IORESTOACASA #IORUSTOACASA, che tradotto dal dialetto significa “arrostisco a casa”.
De Luca, Cateno per tutti i messinesi, ha una storia politica molto particolare, ma sicuramente di successo, come si evince dalla sua intervista a PRIMOPIANOSCALAc. La sua passione per la politica è di antica data, a 14 anni era attacchino per la DC di Fiumedinisi, suo paese di origine. A 22 già Consigliere comunale, poi Assessore, poi Sindaco, poi 3 volte deputato alla Regione Siciliana, poi Sindaco di un’altra città, e infine Sindaco di Messina. Una lunga scuola di politica e di governo locale che nessun altro cittadino italiano può vantare. Eppure è visto come l’anti-politica. Proprio De Luca ci spiega questo paradosso: lui impersona la lotta al potere dei palazzi, e proprio per questo il suo mantra è “o cambi subito il palazzo nel quale ti trovi, o il palazzo cambierà te”, e a questo principio ha sempre informato la sua azione amministrativa.
Contestato da alcuni, amato da molti, De Luca è al vertice della Governance Poll 2020, un’indagine sul livello di gradimento dei presidenti delle 18 Regioni a elezione diretta e dei sindaci di 105 città capoluogo di provincia realizzata per Il Sole 24 Ore. Affianca sul podio Decaro, presidente dell’Anci, ed è seguito da Giorgio Gori, sindaco della Bergamo martoriata dall’epidemia, ex aequo con Marco Bucci di Genova. Un successo davvero sorprendete ma non per lui. Non fatevi ingannare dal De Luca popolare, che parla in dialetto, che usa termini forti, toni urlati. È una scelta di comunicazione pura e semplice. Un modo per arrivare a quei concittadini che non sarebbero per nulla toccati né raggiunti da un linguaggio troppo istituzionale. Quando vuole, quel linguaggio, quei toni colti, De Luca li usa eccome. Cosi come ha fatto nel corso della nostra intervista – basta leggere la risposta alla prima domanda sui poteri del Sindaco e del Presidente del Consiglio, o ascoltare questa lunga, ma avvincente confessione ad una TV locale siciliana, una trasmissione dal titolo un po’ particolare, Confidence, ma che fa ne comprendere il taglio: uno spaccato su ‘Chi è Cateno De Luca’.
Cosa ha ispirato la nostra copertina di settembre? Anche qui la lettera iniziale della città si fonde con l’animale che la rappresenta. Una scelta nella quale ha giocato l’evidente conflitto di interesse nel quale mi trovo. Quale? Beh, sono messinese e anche se so bene che i fondali del mio Stretto sono attraversati da varie specie mediterranee (tonni, aguglie, remore, costardelle), a Messina, la mia città, il vero re è il Pesce Spada. Da noi nel periodo che va da maggio a settembre avviene quella che è meglio definire la “caccia” del pescespada, una pratica antichissima, che da millenni si tramanda di padre in figlio. Il pesce spada non è un pesce qualsiasi. È un lottatore, uno che non si arrende, proprio come il nostro intervistato. È agile, intelligente e veloce e la sua pesca è una battaglia fatta di intuizione, esperienza, strategie e sacrificio: vincono solo i pescatori più abili.
E la cucina messinese rende onore al suo Re con i tanti piatti che esaltano la tenerezza e l'aroma della carne: il “pescespada a ‘gghiotta”, pescespada arrostito condito “cu sammurigghiu”, e le deliziose “braciole”.
Mariella Palazzolo
Cateno De Luca dal 2018 è il Sindaco di Messina, eletto a capo di una coalizione di liste civiche di centro.
La politica è stata la sua passione fin da ragazzo quando, a 14 anni, entra a far parte della sezione giovanile della Democrazia Cristiana, e diviene l’attacchino della sezione DC di Fiumedinisi (ME), il suo paese natale, circondato da alcune delle più alte cime della catena montuosa dei Peloritani.
Nel 1990 è eletto per la prima volta Consigliere comunale di Fiumedinisi, per poi essere rieletto la seconda volta nel 1998. Dal 1994 al 1998 è stato Assessore della Giunta dello lo stesso Comune e Sindaco nel 2003.
È tra i fondatori della Federazione Nazionale Autonoma Piccole Imprese (FENAPI), del quale diventa Direttore Generale nel 1997.
Nel 2008, a 36 anni, si laurea in Giurisprudenza “perché i miei genitori tenevano di più ad avere un figlio laureato piuttosto che deputato”; a quel tempo infatti, De Luca era deputato dell’Assemblea Regionale Siciliana, eletto nel 2006 nelle liste del Movimento per le Autonomie e rieletto nel 2008.
Nel 2012 diventa il Sindaco di Santa Teresa Riva, un Comune costiero della provincia di Messina. Nel 2017 viene eletto, per la terza volta, all’Assemblea Regionale Siciliana, ma si dimette l’anno successivo, nel 2018, quando vince le elezioni comunali e diventa Sindaco della Città Metropolitana di Messina.
Come trascorre il suo tempo libero? Scrive! E lo testimoniano la sua ultima fatica ‘Lupara giudiziaria. Nella dialettica processuale un arresto ci sta!’ (2018); ‘Origini e prospettiva dell'Autonomia Siciliana. Breve testimonianza del saccheggio della Casta’, e l’interessante e utile ‘Manuale dell'aspirante amministratore comunale’.
Ama il contatto con la natura. Gli piace coltivare l’orto e prendersi cura dei suoi animali, ma senza mai dimenticare il suo vecchio amore per la musica: suonava il clarinetto nella Banda di Fiumedinisi.
De Luca ha 48 anni, è sposato con Giusy e ha due figli, Gabriele e Verdiana.
Attivissimo sui social, la sua pagina Facebook è seguitissima!
Marco Sonsini
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