Giugno 2021, Anno XIII, n. 6
Luigi Caso
Il Controllore Efficiente e Intransigente
"Se vogliamo qualificare correttamente la spesa pubblica ponendo l’attenzione non sui costi da contenere ma sui risultati da conseguire, dobbiamo aiutare l’amministrazione a far emergere tutte le sue potenzialità e non certo lanciare messaggi di preventiva assoluzione per quanti dovessero, con grave negligenza e trascuratezza, sprecare e sperperare i fondi del Recovery."
Telos: La Corte dei Conti è un organo centrale nella vita delle Amministrazioni Pubbliche, che svolge, tra gli altri, il ruolo scomodo di garante della correttezza della spesa e della finanza pubbliche. Ha quindi funzioni giurisdizionali, consultive e di controllo. Di cosa si occupa in soldoni?
Luigi Caso: La Corte dei Conti fu istituita nel 1862, un anno dopo l’Unità d’Italia. È, quindi, la più antica magistratura italiana. La sua funzione, in estrema sintesi, è quella di controllare che i soldi prelevati attraverso la tassazione vengano spesi correttamente e, quando siano accertati gravi casi di spreco, condannare i responsabili a risarcire il danno. Purtroppo, in un Paese che talvolta sembra propenso più alle deroghe che alle regole e spesso indifferente verso il patrimonio pubblico, una simile funzione può risultare scomoda.
Tuttavia, si tratta di una funzione indispensabile e coessenziale in un sistema di democrazia compiuta; infatti, essa consente di verificare che le amministrazioni svolgano correttamente le missioni loro affidate dal Parlamento e dalle Assemblee regionali, operando nel rispetto dei parametri normativi e finanziari previsti dalle norme vigenti (comprese quelli conseguenti all’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea), così che le risorse - specie se scarse - possano essere impiegate efficientemente, favorendo lo spostamento - a favore dei cittadini - del rapporto fra spesa strumentale (quella per il mantenimento degli apparati) e spesa finale (quella per i servizi e le prestazioni al pubblico).
Nell’esercizio di tale funzione, la Corte dei Conti (anche grazie al suo stretto rapporto con l’omologa Corte europea) viene a trovarsi al centro del flusso di norme e di risorse - sia nazionali che comunitarie - che collega l’Unione Europea, lo Stato italiano e le Autonomie territoriali, controllandolo e sanzionando le principali violazioni delle regole finanziarie.
L’espressione danno erariale sembra essere lo spauracchio della Pubblica Amministrazione, accusato di essere la causa del timore della firma che condizionerebbe molti funzionari nel momento in cui adottano un atto, soprattutto in materia contrattuale. Questa chiave di lettura risponde a realtà?
In base ad una delle regole fondamentali di ogni sistema democratico, ad ogni potere deve corrispondere una pari responsabilità; possiamo dire che la presenza di un potere irresponsabile contraddica in radice il concetto stesso di democrazia così come oggi la conosciamo. A questa regola non si sottrae neanche la nostra Costituzione che, in particolare, all’art. 28 prevede espressamente che i pubblici dipendenti siano direttamente responsabili degli atti compiuti in violazione dei diritti (e, quindi, rispondano anche dei danni arrecati al patrimonio pubblico).
A partire dal 1994, però, l’ambito di tale responsabilità è stato sempre più ridotto, allo scopo - così si disse all’epoca e così si continua a dire anche oggi - di combattere la famigerata paura della firma. Occorre però comprendere che cosa si nasconda dietro questa formula fin troppo abusata. In essa, infatti, convivono, da un lato, l’ingiustificabile e inconfessata aspirazione di una minoranza di dipendenti pubblici alla più ampia irresponsabilità e, dall’altro, la giustificata difficoltà di talaltri di districarsi nel sempre più complesso quadro normativo.
Premesso che solo quest’ultima esigenza può ritenersi degna di tutela, non può non convenirsi che la complessità normativa andrebbe combattuta con una seria opera di semplificazione e, magari, con un rafforzamento - soprattutto nella materia degli appalti - delle funzioni di controllo e consultive intestate alla Corte, così da aiutare i dipendenti pubblici a interpretare ed applicare correttamente le tante norme stratificatesi negli anni.
Invece, con l’art. 21 del DL 76/2020 (che il Governo ha deciso di prorogare) si è scelto, semplicisticamente, di sospendere la responsabilità erariale per le azioni commesse con colpa grave. Come è stato più volte sottolineato, si tratta di una soluzione non solo tecnicamente criticabile, sotto vari profili, ma altresì estremamente dannosa per i cittadini. Innanzi tutto, sono evidenti i dubbi di compatibilità della norma sia con la Costituzione (in tal senso, basterebbe leggere con attenzione la sentenza 371/1998 della Corte Costituzionale), e con il Regolamento Europeo per la Ripresa e Resilienza (che impone, invece, un rafforzamento del controllo giurisdizionale sulla gestione dei fondi da erogare).
Inoltre, la distinzione fra i danni conseguenti ad azioni (risarcibili solo in caso di dolo) e quelli causati da omissioni (risarcibili anche in caso di colpa grave) rivela scarsa conoscenza dell’apparato amministrativo. Infatti, non solo nelle gestioni complesse l’intreccio tra azioni ed omissioni è normalmente inestricabile ma, altresì, la burocrazia difensiva non si attua solo non facendo quanto dovuto ma anche facendo una serie di atti inutili finalizzati esclusivamente ad evitare qualsiasi assunzione di responsabilità (continue richieste di documenti non necessari, acquisizione di pareri ad altre amministrazioni, ecc. ecc.). Senza contare, sempre sotto il piano tecnico, che l’utilizzo (che negli ultimi anni è divenuto sempre più frequente) di leggi che creano deroghe temporanee alle norme vigenti è una delle cause del sempre più crescente disordine normativo.
Ma la conseguenza più grave di tale norma è quella di aver codificato e legittimato il trasferimento totale del costo degli sprechi della burocrazia sulle spalle dei contribuenti. Del resto, abbiamo tutti fatto esperienza degli effetti della gestione amministrativa dell’emergenza pandemica, caratterizzata da un’ampia ed estesa deresponsabilizzazione: siamo sicuri che la prova finora data (si pensi all’acquisto di mascherine o di siringhe) sia stata rapida, economica ed efficiente?
Il PNRR prevede ‘riforme’ che avranno ‘la finalità di eliminare i vincoli burocratici, rendere più efficace ed efficiente l’azione amministrativa, e ridurre tempi e costi per cittadini e imprese’. Pensa che il carattere di straordinarietà del Piano inciderà in qualche modo sull’attività della Corte?
Il Next Generation EU non è solo un’irripetibile occasione di ripresa economica ma è anche un monito per il nostro sistema amministrativo, così da consentire un radicale cambiamento di impostazione per adottare un diverso approccio nell’utilizzo delle risorse pubbliche. Occorre, infatti, passare dal mero riscontro quantitativo dei costi ad una valutazione qualitativa dei risultati.
Tuttavia, la limitazione di controlli e responsabilità rischia non solo di tradursi in un lasciapassare per sprechi e spesa inefficiente - a danno esclusivo dei contribuenti - ma di impedire proprio la corretta qualificazione della spesa pubblica e compromettere irrimediabilmente il raggiungimento degli obiettivi fissati.
Occorre, invece, innalzare il tasso di meritocrazia dei dipendenti pubblici, come da anni ci chiede la Commissione Europea nei suoi Country Report, e rafforzare il sistema dei controlli, così da accompagnare l’attuazione delle necessarie misure economiche.
In altri termini, se vogliamo qualificare correttamente la spesa pubblica ponendo l’attenzione non sui costi da contenere ma sui risultati da conseguire, dobbiamo aiutare l’amministrazione a far emergere tutte le sue potenzialità e non certo lanciare messaggi di preventiva assoluzione per quanti dovessero con grave negligenza e trascuratezza sprecare e sperperare i fondi del Recovery.
L’operato della Corte è spesso oggetto di titoloni sui media. Facile bersaglio di giudizi espressi senza avere letto gli atti. Il caso ‘Reithera’ è l’ultimo di questi. Ci racconta cosa è successo davvero?
Una vecchia regola impone ai magistrati, quando si tratta di questioni sottoposte al loro esame, di parlare esclusivamente attraverso i propri provvedimenti. Al rispetto di tale massima è ancor di più vincolato chi - come me - non ha partecipato alla decisione e ha solo letto la delibera pubblicata nei giorni scorsi.
Limitandoci, dunque, a quanto scritto nella motivazione della delibera (depositata dopo 9 giorni dalla decisione e non al termine dei 30 previsti dalla legge), credo si possa agevolmente affermare che la mancata registrazione del decreto è dipesa dalla destinazione di una parte significativa del finanziamento pubblico non già allo sviluppo del vaccino ma all’acquisto della sede operativa - già oggetto di locazione - dove la società svolge attività di ricerca e sviluppo a favore della sua controllante svizzera.
In ogni caso, il Governo può sempre chiedere alle Sezioni riunite della Corte la c.d. «registrazione con riserva». In tal caso, pur se le ragioni ostative alla registrazione dell’atto fossero confermate, la Corte ne ordinerebbe la registrazione con riserva, con conseguente assunzione della relativa responsabilità politica da parte del Governo nei confronti del Parlamento.
Ovviamente, si può concordare o meno con le ragioni esposte dalla Sezione ma mi sarei aspettato che si attendesse quanto meno di leggerle anziché criticare il provvedimento a scatola chiusa.
Confesso che la lettura di alcuni commenti mi ha dato l’impressione di essere alla presenza non già di una critica all’operato della Corte dei Conti (critica che è sempre legittima e benvenuta ma che richiede, quanto meno, la conoscenza delle ragioni sottostanti la decisione) bensì di una radicale opposizione all’esistenza stessa di un’attività di controllo sull’operato dell’amministrazione da parte di una magistratura terza e neutrale che agisce esclusivamente in nome del popolo italiano.
Se così fosse, vorrei ricordare che la volontà di eliminare lacci e lacciuoli burocratici è comprensibile - in particolare per me che mi sono formato in un Ateneo intitolato a Guido Carli - ma occorre evitare che in questa foga innovatrice si confondano i lacci con le strutture portanti che reggono l’intero sistema ordinamentale, rischiando così di lasciare intatti i primi e tagliare con leggerezza le seconde, ignorando allegramente il rischio del crollo delle regole e dei diritti che ne potrebbe derivare.
Marco Sonsini
Editoriale
‘La tentazione dell’irresponsabilità’ è il titolo di un articolo pubblicato lo scorso anno da Il Sole 24 ORE a firma di Luigi Caso, il nostro intervistato del mese di giugno. Caso, magistrato della Corte dei Conti, e Presidente dell’Associazione dei magistrati contabili, con la consueta efficacia e chiarezza della sua penna, riprende l’annoso tema della semplificazione amministrativa, un mantra costante nel dibattito pubblico: le procedure snelle necessarie ad evitare le lungaggini burocratiche che costituiscono, sia per le imprese che per i cittadini, un pesante fardello, anche economico. Al centro del bersaglio c’è la contrattualistica pubblica, criticata per l’assurda complessità delle procedure, spesso causa di ritardi nella stipulazione dei contratti di appalto di lavori, servizi e forniture, ma allo stesso tempo, i censori dimenticano di citare il ricorso indiscriminato, e quasi di regola, al contenzioso dinanzi al giudice amministrativo che accompagna le aggiudicazioni. L’intervista di PRIMOPIANOSCALAc a Luigi Caso inizia con l’indispensabile racconto di cosa è e di cosa si occupa la Corte dei Conti, descrizione breve ma necessaria per comprenderne le funzioni, spesso ‘scomode’. Per passare poi a smontare, pezzo dopo pezzo, il ‘timore della firma’ che viene spesso addotto a scusa, o scusante, per la lentezza burocratica. “In base ad una delle regole fondamentali di ogni sistema democratico, ad ogni potere deve corrispondere una pari responsabilità - ci spiega Caso - e possiamo dire che la presenza di un potere irresponsabile contraddica in radice il concetto stesso di democrazia”. A differenza di quello che si pensa, sin dal 1994 questa responsabilità si è andata riducendo. Perché? Proprio per contrastare la paura, enfatizzata dalla politica e da quanti vogliono le “mani libere”, che si fonda su (poche) preoccupazioni vere e (spesso) timori dovuti, a nostro avviso, a poca professionalità ed alla resistenza ad assumersi qualsiasi responsabilità. Un fatto che spiega benissimo l’infondatezza di questo timore è, come ci dice Caso, che la responsabilità per danno erariale un tempo era perseguita anche per colpa lieve, ora invece limitata al dolo e alla colpa grave, anche se questo appare come un irragionevole, e forse incostituzionale, punto di approdo. “La volontà di eliminare lacci e lacciuoli burocratici è comprensibile - in particolare per me che mi sono formato in un Ateneo intitolato a Guido Carli”, sottolinea Caso, ma aggiunge che bisogna tenere alta la guardia per “evitare che in questa foga innovatrice si confondano i lacci con le strutture portanti che reggono l’intero sistema ordinamentale, rischiando così di lasciare intatti i primi e tagliare con leggerezza le seconde, ignorando allegramente il rischio del crollo delle regole e dei diritti che ne potrebbe derivare.” Una posizione scomoda, come l’Istituzione alla quale appartiene, e decisamente poco popolare. Basti guardare al discorso del Presidente del Consiglio Draghi all’apertura dell’anno giudiziario della Corte, che definisce “fondamentale organo di garanzia”. Draghi ripete più volte la parola ‘controllo’ che definisce addirittura “efficiente e intransigente”, ma con un balzo ferino, ammonisce che “considero fondamentale che tale controllo sia rapido.” Anche Draghi cade della trappola degli ”effetti paralizzanti della fuga dalla firma” ed imputa alla complessità, contraddittorietà e incompletezza delle norme l’aver scaricato sui funzionari pubblici “responsabilità sproporzionate”. Ascoltate, o leggete, il discorso di Draghi, e godetevi l’intervista di Caso. Lascio a voi trarre le conclusioni.
Anche a giugno, PRIMOPIANOSCALAc si presenta con, in copertina, la pagina bianca strappata dalla quale si intravede uno stralcio dell'intervista in italiano e inglese, popolata da un insetto che guarda verso il testo. A Caso abbiamo dedicato la libellula, il cui nome, di origine latina, significa piccola bilancia. È anche una perfetta macchina di volo, con un’elevatissima capacità di attenzione al dettaglio, e soprattutto velocissima: alcune specie possono raggiungere una velocità 50 km orari. Con i suoi enormi occhi, che può girare in tutte le direzioni, ha una visione di circa 360°. Il perfetto magistrato contabile per fugare ogni tentazione di….?
Luigi Caso, magistrato della Corte dei Conti dal 2002, è Presidente dell’Associazione dei magistrati contabili dal 2018.
Si laurea in giurisprudenza alla LUISS di Roma nel 1989 e, pochi mesi dopo, partecipa e supera il concorso in magistratura ordinaria. Assegnato al Tribunale civile di Roma, si occupa di diritto di famiglia, diritti reali, proprietà intellettuale e controversie contro la PA. Nel 1996 viene chiamato a far parte dell’Ufficio Legislativo del Ministero della Giustizia, dove resterà fino agli inizi del 2002, occupandosi di diritto amministrativo e ordinamento giudiziario; in quegli anni partecipa alla stesura della Legge sul c.d. giudice unico di primo grado.
Nel 2002, vincitore sia del concorso per magistrato militare che di quello per magistrato contabile, opta per la Corte dei Conti, dove svolge funzioni sia di giurisdizione (estensore di importanti sentenze in tema di responsabilità dei dipendenti di società a partecipazione pubblica) che di controllo (occupandosi di controllo preventivo di legittimità sugli atti del Ministeri dello Sviluppo Economico e dell’Agricoltura, controllando la gestione della CONSIP dal 2019 in poi e componendo le Sezioni riunite della Corte).
Nel frattempo, prosegue la sua attività presso i Gabinetti ministeriali: Vice Capo dell’Ufficio Legislativo del MISE (dove collabora alla stesura dei codici del consumo e delle assicurazioni), Consigliere giuridico presso il Legislativo di Palazzo Chigi, Capo dell’Ufficio Legislativo del Ministero del Lavoro e del Ministro della Gioventù.
Nel 2008 assume l’incarico di Capo di Gabinetto dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture e poi, nel 2010, quella di Capo di Gabinetto del Presidente della Corte dei Conti.
Nel 2012 viene nominato componente della Commissione per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti e dei movimenti politici.
In quegli anni partecipa ai Gruppi di lavoro impegnati nell’opera di recepimento della normativa europea sul Fiscal compact e di modifica dell’art.81 della Costituzione, contribuendo, in particolare, alla stesura del DL 174 del 2012 sui controlli della Corte dei conti sui bilanci degli enti locali.
Nel 2013 è nominato Capo dell’Ufficio legislativo del MEF. Subito dopo diventa Capo di Gabinetto del Ministero del lavoro, negli anni (dal 2014 fino al 2018) che vedono la realizzazione della riforma del Job’s Act e del Terzo settore, oltre a numerose riforme in ambito pensionistico ed assistenziale.
È, inoltre, magistrato tributario e componente della Corte federale d’appello del calcio e del rugby nonché autore di numerose pubblicazioni in vari campi del diritto.
Salernitano, ha 55 anni ed è sposato dal 1994. Padre di quattro figli, vive a Roma in una casa colma di libri.
Marco Sonsini
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