Aprile 2022, Anno XIV, n. 4
Francesco Azzarello
Ambasciatore… a dispetto del Covid
“Sono in Brasile da oltre due anni e, nonostante la pandemia, posso affermare che nessuna di queste dimensioni del lavoro dell’Ambasciata si sia mai fermata durante l’emergenza sanitaria. Al contrario, questa lunga emergenza ha obbligato a ripensare il nostro modo di fare diplomazia in tutti i campi, rivedendo le modalità del lavoro presenziale in ufficio e quelle degli incontri e delle riunioni esterne”.
Telos: Cosa fa un Ambasciatore? Cosa significa rappresentare il proprio Paese? Sono domande che spesso ci poniamo. Quale peso dovrebbe un Ambasciatore dare alla funzione politica, a quella economica e a quella culturale?
Francesco Azzarello: La funzione di un Ambasciatore è quella di rappresentare il proprio Paese presso un altro Stato e, sottolineo, il Paese nel suo insieme non solo il suo Governo: una funzione talmente vasta e carica di responsabilità, che sarebbe forse più agevole chiedersi di cosa non si occupa un Ambasciatore. La mia attività si declina infatti a livello politico, economico e culturale, senza dimenticare la funzione consolare, che in una realtà come il Brasile significa offrire servizi a quasi 700.000 connazionali iscritti all’AIRE, per la precisione 692.234 secondo l’ultima rilevazione, ricordando anche gli oltre 32.000.000 oriundi italiani che possono ottenere la cittadinanza e che contribuiscono ogni anno ad accrescere il numero di concittadini qui residenti.
Sono in Brasile da oltre due anni e, nonostante la pandemia, posso affermare che nessuna di queste dimensioni del lavoro dell’Ambasciata si sia mai fermata durante l’emergenza sanitaria. Al contrario, questa lunga emergenza ha obbligato a ripensare il nostro modo di fare diplomazia in tutti i campi, rivedendo le modalità del lavoro presenziale in ufficio e quelle degli incontri e delle riunioni esterne. Molti sono stati i disagi, ma credo che siamo riusciti a fronteggiare questa crisi con successo. Nessuno dei motori della nostra azione diplomatica in Brasile si è fermato, creando anzi nuove frontiere di cooperazione in campo sanitario e della ricerca scientifica. Dalla partecipazione brasiliana al G20 a guida italiana nel 2021, con il Vertice conclusivo a Roma in ottobre, all'organizzazione di eventi culturali e di promozione commerciale in formato prima virtuale e poi ristretto, sono convinto che l’Ambasciata a Brasilia sia sempre stata all’altezza della sua delicata missione: rappresentare al meglio l’Italia in Brasile.
Brasile e Italia sono due Paesi uniti da forti legami che affondano le radici nel lontano passato. Ci sono potenzialità di cooperazione ancora incompiute?
Le radici dei legami bilaterali sono profonde, molto profonde e si riflettono in modo perentorio nei numeri degli italo-discendenti che ho già ricordato. Interi Stati della Federazione brasiliana sono stati plasmati anche grazie al lavoro di generazioni di immigrati italiani che ne hanno segnato non solo la fortuna economica, ma la stessa identità culturale. Altre aree del Paese, pur non contando su una presenza storica così massiccia, continuano ad attrarre investimenti, imprese e flussi turistici, auspicabilmente in ripresa dopo le costrizioni imposte dalla pandemia. Nonostante la distanza geografica, come Ambasciatore sono testimone quotidiano della forza di questo legame che è scandito da una vicinanza culturale che va oltre il dato numerico dei nostri oriundi.
Con queste premesse e con i numeri delle nostre economie, più che di potenzialità incompiute parlerei di una cooperazione bilaterale dalle potenzialità praticamente illimitate. Dai rapporti commerciali alla formazione non c’è settore che non offra opportunità per intensificare i nostri legami nei prossimi anni. Sono molti i dati che potrei citare, ma ne voglio ricordare uno qui, perché lo reputo particolarmente emblematico della realtà della cooperazione tra Italia e Brasile: le università dei due Paesi contano infatti oltre 900 accordi di cooperazione, che fanno del Brasile il quarto Paese al mondo per numero di collaborazioni accademiche ed il terzo tra i Paesi extraeuropei, dietro solo agli USA e Cina. In un mercato mondiale dove l’alta formazione diventerà sempre più decisiva per la crescita socio-economica delle nazioni, considero questo dato un’efficace testimonianza della solidità del rapporto privilegiato tra Italia e Brasile, ma anche un formidabile segnale del suo immenso potenziale per il futuro.
Il Brasile è un gigante dai piedi d’argilla: economia in recessione tecnica e stagflazione. L’evoluzione della macroeconomia è il riflesso di quella pandemica, dopo il secondo trimestre consecutivo di crescita con il segno meno davanti. Come spiegherebbe ad un interlocutore italiano quello che sta accadendo?
Quinto Paese al mondo per dimensione geografica e sesto per numero di abitanti, il Brasile rappresenta la principale nazione dell’America del Sud, sia per statura politica che per rilevanza economica.
Superpotenza regionale in ascesa pacifica, nel corso dell’ultimo decennio il Paese ha alternato fasi di espansione a periodi di contrazione, come avvenuto nel biennio 2015-2016 e nel 2020, anno della pandemia. Al contempo, grazie ad un tessuto economico-industriale caratterizzato da una forte elasticità e, conseguentemente, capacità di assorbimento degli shock endogeni ed esogeni, le fasi di recessione sono sempre state seguite da una robusta ripresa economica: la contrazione del 3,9% fatta registrare dal PIL nel 2020 è stata, ad esempio, seguita da una crescita del 4,6% nel 2021. Con riferimento al biennio pandemico, il PIL brasiliano è pertanto cresciuto in misura superiore rispetto alla media degli altri Paesi membri del G20; se paragonato agli Stati appartenenti al G7, ha inoltre fatto registrare il secondo miglior risultato, dietro agli USA. Secondo le ultime stime rese note dalla Banca Centrale brasiliana, il ciclo economico positivo dovrebbe peraltro proseguire anche nel 2022, attestandosi a circa l’1%.
Per poter coerentemente affrontare il mercato locale mi sento tuttavia di voler raccomandare a tutti coloro che si affacciano per la prima volta sul Brasile di rivolgersi previamente ad un accreditato e competente consulente locale, preferibilmente italiano, essendo il Brasile un Paese complesso ove occorre muoversi con attenzione e cognizione di causa.
In questi giorni il ruolo della diplomazia a salvaguardia della pace mondiale è tornato alla ribalta. Qual è il Suo pensiero a riguardo?
La diplomazia come strumento di prevenzione delle crisi ha affrontato con successo molte prove per il mantenimento della pace nello scenario mondiale che si è aperto negli anni ‘90 con la fine dell’era bipolare. Purtroppo, come ogni fase di instabilità, anche questa ha portato con sé conflitti e tragedie umanitarie che si è riusciti a circoscrivere, ma non sempre ad evitare. È corretto dire che con il drammatico epilogo della crisi tra Russia e Ucraina il ruolo della diplomazia è tornato alla ribalta dell’attenzione mediatica. Ma il lavoro della diplomazia è un impegno continuo ed a tutti i livelli, bilaterale, regionale e multilaterale, per scongiurare nuove crisi ed avviare forme di cooperazione stabili e durature tra gli Stati, proprio per evitare che queste affiorino di nuovo. Ogni conflitto è, senza mezzi termini, una sconfitta per tutti, a cominciare dalle parti in causa, che va affrontata con la consapevolezza che, come insegnano i due conflitti mondiali del secolo scorso, solo condizioni di pace sostenibili per tutti i contendenti assicurano veramente un risultato duraturo.
A questo compito, alla costruzione di legami politici, economici e culturali tra gli Stati che scongiurino il rischio di nuove guerre e creino le premesse di una pace veramente duratura, contribuisce ogni giorno il lavoro della diplomazia. Purtroppo non sempre con successo, ma, sempre e comunque, con professionalità, dedizione e determinazione.
Marco Sonsini
Editoriale
Arrivare a Brasilia in piena pandemia non deve essere stato uno scherzo. Arrivarci come Ambasciatore, un ruolo che per definizione è relazionale, ancor meno. Eppure, Francesco Azzarello, Ambasciatore d’Italia in Brasile dal 2020 non si è scoraggiato di certo. Come ci racconta nell’intervista, che ci ha concesso per il numero di aprile PRIMOPIANOSCALAc, non solo nessuna delle moltissime attività legate al suo ruolo ha subìto dei ‘fermo pandemia’, ma è riuscito addirittura a “ripensare il nostro modo di fare diplomazia in tutti i campi, rivedendo le modalità del lavoro presenziale in ufficio e quelle degli incontri e delle riunioni esterne”. E aggiunge “Nessuno dei motori della nostra azione diplomatica in Brasile si è fermato, creando anzi nuove frontiere di cooperazione in campo sanitario e della ricerca scientifica”. Quello che traspare dalle parole di Azzarello è un impegno costante e appassionato, impegno che, ed è il secondo ambasciatore a sottolinearcelo, è verso il proprio Paese e non solo verso il governo che lo ha nominato. Questa è forse una delle principali differenze tra un diplomatico italiano ed uno americano. Negli USA si può diventare ambasciatori anche senza aver fatto carriera diplomatica, grazie a una nomina politica, anzi è pratica comune. In Italia e in Europa succede molto raramente. Indimenticabile la reazione, davvero inconsueta, e quindi proprio per questo più significativa, del corpo diplomatico italiano alla nomina, nel 2016, di Carlo Calenda a Rappresentante permanente dell’Italia presso l’Unione Europea, cioè l’ambasciatore italiano presso Unione: Sndmae, il sindacato più rappresentativo dei diplomatici, inviò una nota al Presidente del Consiglio dove si sottolineava “in particolare l'irripetibilità di una soluzione dettata da un'esigenza di politica estera assolutamente eccezionale”.
Il numero di soggetti che si occupano di politica estera e di rapporti con gli altri Stati è aumentato di decennio in decennio. Nei secoli scorsi gestire i rapporti con gli altri Stati era compito del sovrano, che per ogni necessità si appoggiava al suo ambasciatore. Oggi i soggetti di politica internazionale si sono moltiplicati: grandi imprese, enti locali, associazioni di categoria e molti altri, e ognuno di questi ha una propria agenda, cioè i propri obiettivi di tipo economico, politico o promozionale, e una propria struttura paradiplomatica. Spesso l’Ambasciatore deve coordinare queste voci, e Azzarello ha dimostrato, negli ultimi due anni, di saperlo fare molto bene, mantenendo intatta la prevalenza della diplomazia. Basta scorrere il profilo su tweet Italy in Brazil (@ItalyinBrazil) per rendersi conto della presenza puntuale e costante in ogni missione che importanti aziende italiane hanno fatto in Brasile. Questo elemento social, e questa vitalità comunicativa di Azzarello, che non teme alcuna contaminazione, nemmeno quella dell’ironia, è testimoniata ad esempio da come è stata celebrata la ‘Settimana Ambasciata Verde’, con sì tante cerimonie ufficiali, ma, e vi invito guardalo per intero, con un servizio video divertentissimo di Manual do Mundo, popolarissimo canale brasiliano di intrattenimento educativo.
Nella nostra conversazione l’Ambasciatore non dimentica di toccare il rapporto privilegiato tra Italia e Brasile, che ha radici “profonde, molto profonde e si riflettono in modo perentorio nei numeri degli italo-discendenti”. Ci ricorda che “interi Stati della Federazione brasiliana sono stati plasmati anche grazie al lavoro di generazioni di immigrati italiani che ne hanno segnato non solo la fortuna economica, ma la stessa identità culturale”. In Brasile, paese al mondo con la maggiore percentuale di italiani, i nostri emigrati italiani arrivarono agli inizi del Novecento e si stabilirono soprattutto nello Stato di San Paolo, dove si trovano circa 6 milioni di discendenti. Erano soprattutto provenienti dall’Italia settentrionale, poco più dal Sud: la maggior parte dal Veneto, poi dalla Campania e Calabria. Azzarello ci dice essere “testimone quotidiano della forza di questo legame che è scandito da una vicinanza culturale che va oltre il dato numerico dei nostri oriundi”. Quindi, aggiunge, “più che di potenzialità incompiute parlerei di una cooperazione bilaterale dalle potenzialità praticamente illimitate”. Un quadro roseo che però vuole essere realistico, quello dell’ambasciatore, che raccomanda a chi vuole entrare per la prima volta, nel mercato brasiliano “di rivolgersi ad un accreditato e competente consulente locale, preferibilmente italiano, essendo il Brasile un Paese complesso ove occorre muoversi con attenzione e cognizione di causa”.
La veste grafica 2022 delle copertine di PRIMOPIANOSCALAc, dal sapore pop e quasi onirica, ritrae il volto dell’intervistato che porta, a mo’ di copricapo, alcuni elementi distintivi della sua opera, ruolo, vita… mescolati con la tecnica del collage, e come nel collage, le figure sono giustapposte le une alle altre, senza elaborazioni. Per l’Ambasciatore Azzarello abbiamo pensato, tra l’altro, alla Cattedrale e alla statua Os Candangos di Brasilia, ai cannoli della sua bella Palermo, ai vinili che ricordano il suo amore per la musica e ai giocatori di tennis, suo sport di elezione. Senza dimenticare l’Azadi Tower di Teheran, città natale della figlia Vittoria, e il boomerang, icona di Adelaide, la città australiana dove è nata la figlia Severa, e dove si respira, più che in altre città, la cultura aborigena. Un giro del mondo sul capo.
Mariella Palazzolo
Francesco Azzarello è l’Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario d’Italia in Brasile, dal gennaio 2020.
Laureato in Economia e Commercio presso la Libera Università Internazionale degli Studi Sociali “Guido Carli” (LUISS), nel 1986 inizia la carriera diplomatica. Fino al 1988 è al Ministero degli Affari Esteri, nella Direzione Generale Affari Politici - Disarmo e Controllo degli Armamenti. Dal 1988 al 1991 è Primo Segretario Commerciale presso l’Ambasciata d’Italia a Teheran. Nel 1991 riceve l’incarico di Console dello Stato dell’Australia Meridionale, ad Adelaide. Nel 1995 torna in Italia, e nei due anni seguenti è il Reggente dell’Ufficio per la promozione della lingua e della cultura italiana presso le comunità italiane all’estero, all’interno della Direzione Generale per l’Emigrazione e gli Affari Sociali.
Dal 1997 al 2000 svolge, a Tirana, l’incarico di Vice Capo Missione dell’Ambasciata d’Italia in Albania. Nel triennio 2000 – 2003 rientra al Ministero, nella Direzione Generale per la Cooperazione Economica e Finanziaria Multilaterale, il Debito estero e il credito all’esportazione/SACE.
Dal 2003 al 2008 assume diversi incarichi all’interno della Rappresentanza Permanente d’Italia presso le Nazioni Unite a New York. Successivamente, dal 2008 al 2011, viene nominato Capo della Segreteria Particolare del Sottosegretario di Stato per Europa, Unione Europea, Corno d'Africa ed Italiani nel Mondo.
Dal 2012 al 2016 è Ambasciatore d'Italia dei Paesi Bassi e Rappresentante Permanente dell'Italia presso l'Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche (OPAC), e dal 2015 al 2016 ricopre la carica di Presidente del Consiglio Esecutivo OPAC.
Prima di essere nominato Ambasciatore a Brasilia, ha retto il delicatissimo incarico di Direttore dell’Autorità Nazionale-UAMA.
È appassionato degli sport “di racchetta” (tennis, ping pong), ma anche di enogastronomia, di arte (soprattutto quella brasiliana moderna) e viaggi. Ama la musica, dagli anni ’60 a - più selettivamente - oggi, e trascorre il suo tempo tra il lavoro e la famiglia.
Adora gli animali, soprattutto i cani, ma “in residenza e per par condicio è circondato di gatti”.
Nato a Palermo, ha 64 anni ed è sposato con Olga. Ha due figlie, Vittoria e Severa, nate rispettivamente a Teheran ed Adelaide.
Marco Sonsini
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