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Telosaes.it

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Maria Palazzolo

Editore: Telos A&S srl
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Reg.: Trib. di Roma 295/2009 del 18 settembre 2009

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SocialTelos

Febbraio 2025, Anno XVII, n. 2

Patrick Bernard

Una Città fatta di Villaggi

Le città di oggi sono abitate da cittadini che, seppur avidi consumatori di spazi e servizi pubblici, non sono molto sensibili al concetto di bene comune. Investire nella creazione di legami tra i residenti, con l’obiettivo di restituire fascino ai luoghi dove vivono, potrebbe cambiare questa tendenza.”

Telos: Il parigino viene associato al râleur, colui che mugugna sempre perché ce l’ha - a turno o nello stesso tempo - con tutto e tutti. Eppure nel 2017, Lei ha cominciato a ragionare su come stimolare il ritorno alle relazioni personali in una metropoli spesso difficile.

Patrick Bernard: È vero, chiedere ad un parigino di smettere di brontolare è un po’ come strappargli un braccio, e l’immagine del parigino ostile è stata, paradossalmente, d’aiuto al nostro ‘metodo’. Ma per avviare il nostro progetto, era fondamentale non prenderci troppo sul serio e proporre una sorta di gioco, del tutto innocente, al quale i miei vicini potessero partecipare con facilità e tranquillità, senza la paura di sentirsi manipolati o intrappolati in un progetto con fini politici o commerciali. L’unico obiettivo del primo incontro, che si è tenuto nel retro di un caffè-ristorante, era rispondere a questa domanda: come si trasforma un vicino di casa che dice ciao cinque volte al giorno in un Iper Vicino che dice ciao cinquanta volte al giorno?
Per rispondere a questa sfida, ci siamo dovuti ‘accreditare’ con il vicinato. Abbiamo iniziato con l’affidarci a persone, terze parti, che godevano già di molta fiducia. Il primo a interpretare questo ruolo di terza parte è stato il fruttivendolo Nassim; il suo negozio, che si trova accanto al caffè, sarebbe poi diventato la nostra sede. Il nostro progetto non è nato sui social network, ma nella vita vera, tramite il classico passaparola e grazie alle raccomandazioni di Nassim, che, ogni giorno, ci mandava i suoi clienti.
Il resto è una storia di contaminazioni: hai bisogno di un virus attivo e di terreno fertile. L’unica differenza è che il nostro virus non fa ammalare le persone, ma le aiuta a godersi il quartiere nel quale vivono.

Subito dopo nasce quindi la République des Hyper Voisins, che viene definita un esperimento di ingegneria sociale. Cosa significa e quali sono state le prime reazioni?

Parlare di ingegneria sociale non è banale. Descrivere così la creazione di legami è un modo per allargare il tema dei legami sociali, troppo spesso confinato nel regno dei ‘buoni sentimenti’ e portarlo nell'arena economica, quella della produzione di ricchezza collettiva. È anche un modo per riconoscere che, in un ambiente urbano denso come Parigi, creare legami tra vicini non è una cosa semplice. In poche parole, la promiscuità ha ucciso la vicinanza e ridotto drasticamente i vantaggi di un tempo. Per bilanciare questa inversione di rotta, è necessario un approccio proattivo. In termini concreti, questa ingegneria sociale è una raccolta di eventi e processi quotidiani, di piccoli fatti legati alla vita di ogni giorno, che, quando ripetuti, ritualizzati e ben organizzati, finiscono per formare un quadro sul quale costruire una vera e propria politica dei legami sociali. Tre condizioni sono necessarie affinché il nostro metodo abbia successo: la massima disponibilità di un 'amico del vicinato' (colui che facilita il contatto), circoscrivere il dialogo ai luoghi dove si svolge la vita quotidiana (dove vanno a scuola i miei figli, dove li lascio alla scuola materna, dove faccio shopping...) e che la gentilezza sia d’obbligo nelle interlocuzioni tra i residenti.

Da esperimento a vero e proprio movimento di social street. Come è evoluto in questi anni?

Il progetto si è evoluto in passi successivi. Fin dall'inizio, abbiamo avuto l'intuizione che la convivialità fosse la risorsa di vicinato da rivitalizzare per aggiungere valore al nostro modo di 'vivere insieme'. Il grande desiderio di riprendere possesso degli spazi pubblici e di frequentarli ha definito le condizioni del nostro esperimento sul campo, ma i primi anni sono stati soprattutto dedicati a guadagnare la fiducia dei residenti.
Abbiamo messo dei lunghi tavoli nel bel mezzo della strada, un cinema alla fine del vicolo e trasformato l’incrocio in una piazzetta di villaggio, organizzato fiere e feste in giardino, sistemato aiuole nelle strade, installato un sistema di bio-rifiuti etc… In breve, abbiamo occupato lo spazio, sia in senso letterale che figurato, coinvolgendo più residenti possibile e facendo sì che molti altri volessero aderire. La fase successiva è stata quella del consolidamento digitale, abbiamo creato una community WhatsApp molto attiva, oggi forte di 2000 persone distribuite in quasi cinquanta gruppi tematici che si occupano di ogni aspetto della vita quotidiana. È stato essenziale che, prima di tutto, la nostra comunità si costruisse attorno ai nostri eventi e ai nostri consueti rituali. Grazie a questo, il nostro strumento digitale è rimasto là dove appartiene: al servizio dei veri incontri, e non fine a sé stesso, come purtroppo è accaduto a molte piattaforme digitali di quartiere. I nostri valori di rispetto e gentilezza, le regole del gioco condivise da tutti gli Iper Vicini per strada, sono rispettate nello stesso modo anche nell’ambiente digitale. Sulle ali del successo sia tra i residenti che presso la politica, e grazie alla copertura mediatica, è arrivata anche la fatidica domanda e cioè quali siano le condizioni per replicare questo modello. Potrebbe, infatti, portare a un nuovo modo di guardare alla città, quella densa, guardarla cioè dal punto di vista della ‘città relazionale’, come definita dall'antropologa Sonia Lavadinho. “Fare villaggi nella città” ci invita a riflettere sul giusto intreccio di vita sociale, nella quale l’impegno dei residenti possa trovare eco e prosperare a lungo. È questo ciò che è in gioco: trovare il posto giusto per raccontare belle storie! Le città di oggi sono abitate da cittadini che, seppur avidi consumatori di spazi e servizi pubblici, non sono molto sensibili al concetto di bene comune, e che spesso esigono servizi a fronte delle tasse che pagano, che spesso sospettano essere mal gestite. Investire nella creazione di legami tra residenti, con l’obiettivo di restituire fascino ai luoghi dove vivono, potrebbe cambiare questa tendenza e permettere alle loro vite di intrecciarsi attivamente in quella, quotidiana, del loro quartiere.

La République des Hyper Voisins ha avuto un’eco anche fuori dalla Francia? Ci racconta se questa idea si è diffusa?

Il progetto “Paris Convivial”, che mira a replicare 150 villaggi in un periodo di 15 anni, è ancora sul tavolo. Quindi, ad oggi, l’esperimento che stiamo conducendo rimane unico per concezione e realizzazione. Il suo fascino è evidente, e la voglia di imitarlo è reale, ma all’azione manca un quadro generale di riferimento per poter diventare ‘di sistema’. Riprodurre il nostro esperimento senza integrarlo in una strategia globale non avrebbe senso. Per questo motivo, ci stiamo concentrando ora sulla sua dimensione europea. In questa prospettiva, stiamo scambiando idee con alcuni potenziali partner per costruire le ragioni, solide, per l’emergere di una nuova ‘economia locale’… nella quale i villaggi fungano da cellule staminali alla stregua degli Iper-Vicini.

Marco Sonsini

Editoriale

Un quartiere cittadino non deve per forza essere poco amichevole o anonimo. Vogliamo creare l’atmosfera di un villaggio in uno spazio urbano! Chi lo ha detto? Il nostro intervistato del numero di febbraio di PRIMOPIANOSCALAc, il rivoluzionario Patrick Bernard. Come? Organizzando una rivoluzione che di parigino ha ben poco, anche se è partita proprio da una strada del centro. Nessuna barricata a bloccare i boulevard, nessuno studente radicale a lanciare pietre strappate alla pavimentazione, e nemmeno un sovrano ad avere mozzata la testa! E nonostante ciò una nuova République è stata fondata, la Repubblica degli Iper Vicini.  Patrick ci racconta “Quando cammino per strada, mi diletto in un piccolo gioco personale che ho chiamato ‘ciao prima dell'impatto’. A 50 metri di distanza vedi il tuo bersaglio che cammina verso di te sullo stesso marciapiede, e chiaramente non vi conoscete. A 10 metri, i vostri sguardi si incroceranno inevitabilmente ma discretamente: solo per adattare le vostre rispettive traiettorie per evitare una collisione. E a 2 metri, poco prima dell'impatto, dico ad alta voce ‘ciao signore’ o ‘ciao signora’, sempre con un grande sorriso. Ma senza mai rallentare o voltarmi. Ecco, avete insinuato un dubbio nella testa di uno sconosciuto. Per tutto il giorno, ostinatamente, e senza mai riuscirci, queste persone si chiederanno dove vi hanno già incontrato. Ma il giorno dopo, se le incontrerete di nuovo, basterà un solo sguardo e vi contraccambieranno, di loro iniziativa, il 'ciao' che avete loro ‘inoculato’ la volta precedente”.
La Repubblica degli Iper Vicini funziona. Le voci dei residenti ne sono testimonianza: Anna Morosova, architetto di 31 anni, originaria della Russia, sostiene che il progetto le ha dato una stabilità impensabile dopo il divorzio. "Vivo da sola, ma se ho bisogno di aiuto c'è sempre qualcuno", e ora sta progettando di organizzare corsi di tango. E cosa dire di Mireille Roberdeau, una vedova di 86 anni che si è trasferita nel quartiere nel 2000? Racconta che il progetto le ha dato un motivo per alzarsi la mattina. "Prima ero piuttosto timida. Non parlavo con nessuno o mi rivolgevo loro con un certo cipiglio. Ma ora non vedo l'ora di uscire. È un bene perché il mio medico dice che ho bisogno di uscire". Al di là del "mangiare, bere, festeggiare come ingegneria sociale", secondo Bernard, che ha così definito le fasi iniziali di Hyper Voisins, gli obiettivi a lungo termine - per trasformare la natura stessa e il funzionamento di un quartiere urbano - rientrano in quattro pilastri: ambiente, sanità, spazi pubblici e mobilità. Per esempio, la République ha collaborato con l'associazione no-profit Les Alchimistes per installare punti di smaltimento dei rifiuti organici in ex parcheggi e trasformare la materia in compost.
Le comunità iperlocali, come la République di Bernard, attivano persone e luoghi: la prossimità è inestimabile e va vissuta appieno. Questa esperienza ci fa riflettere sul fatto che i territori possono tornare centrali e possono essere vissuti con più consapevolezza, rispetto e partecipazione proprio da chi li abita, il vecchio ‘buon vicinato’. Non dimentichiamo che il primo esperimento di social street è nato a Bologna nel settembre 2013, in una piccola strada del centro storico, via Fondazza, grazie ad un giovane padre che, trasferito da poco in città con moglie e figlio piccolo, aveva necessità di risolvere un problema pratico di vita quotidiana: trovare dei compagni di gioco per suo figlio. Il primo passo è stato quello di costituire un gruppo chiuso su Facebook, scendere in strada e promuoverlo con dei volantini che ne mettessero in chiaro le finalità: conoscersi e aiutarsi tra vicini di casa. In pochi giorni si sono iscritti al gruppo Facebook diversi vicini, che si sono dati appuntamento online, ma anche offline. Questa è la storia della prima social street, che nel tempo è cresciuta, è stata raccontata e ha ispirato tante altre strade sociali in Italia e nel mondo. Un altro esempio è la Portineria 14, un bar di Milano, dove si possono far recapitare pacchi, lasciare le proprie chiavi di casa, un punto di raccolta di beni di prima necessità che vengono poi destinati a chi ha più bisogno nel quartiere, consegnati personalmente dalle stesse ‘portinaie’. L’idea, sottesa a questi gruppi, è che non è tanto importante possedere, quanto condividere. E per Patrick anche condividere un sorriso, nella scontrosa Parigi, è già un successo.
Con Bernard la nuova grafica delle copertine del 2025 di PRIMOPIANOSCALAc continua. Abbiamo deciso di tornare ai colori storici di Telos A&S: rosso, nero e bianco. L’identità dell’intervistato è rivelata per metà dal suo volto e per l’altra metà da una citazione tratta dalla sua intervista.
Il suo nome è scritto con l’Abril Fatface, un elegante carattere ispirato ai manifesti pubblicitari europei del XIX secolo. Speriamo vi piaccia!

Mariella Palazzolo

Patrick Bernard

Patrick Bernard, ex giornalista e poi direttore di giornale, ha fondato La République des Hyper Voisins nel 2017 in un quartiere di Parigi. Ha studiato Storia e Scienze Politiche all'Università di Rennes in Bretagna. Ama viaggiare “molto e ovunque! Posso recitare a memoria le capitali di tutto il mondo!". Per non parlare della cucina, ci ha dato un consiglio sciovinista di cucina, la ricetta del dolce bretone Kouign-amann, che potete trovare qui. Gli hobby? Ossessivamente curioso, si gode compulsivamente la vita dalla mattina alla sera. Legge di tutto e il suo rapporto con la lettura è strettamente legato a quello con la scrittura: “Quando ero molto giovane, volevo essere Chateaubriand! Quando ho capito (per fortuna abbastanza in fretta) che non avevo un centesimo del suo talento, sono sceso a compromessi e sono diventato giornalista.”
Patrick ha 64 anni, è sposato e ha 3 figli.

Marco Sonsini