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Telosaes.it

Il Blog di Telos

27
Apr, 2017

La professione del lobbista raccontata in tre punti 

Lo scorso 11 aprile si è tenuto al Salone della Giustizia di Roma il convegno organizzato da noi di Telos A&S dal titolo “Professione lobbista: risorsa o presenza imbarazzante?”. Il nostro obiettivo non era parlare dei massimi sistemi, ma fare chiarezza su tre punti. Questo il motivo per il quale abbiamo articolato il nostro incontro in tre sessioni.

I punti sono semplici e dai risvolti estremamente pratici.

Il primo, chi è il lobbista; il secondo, come si fa il lavoro del lobbista; il terzo, regolare la professione.

Uno. Qual è il ruolo del lobbista

Il primo tema è stato affrontato nella sessione intitolata Una professione dalla pessima fama, dove sono intervenuti Simone Crolla, consigliere delegato di American Chamber of Commerce in Italy; Fabrizio Porrino, SVP Global Public Affairs, FacilityLive; Michele Ziosi, direttore relazioni istituzionali Europa, Medio Oriente, Africa e Asia Pacifico CNH Industrial; Mariella Palazzolo di Telos A&S. Ha moderato la giornalista Silvia Borrelli.

I nostri ospiti che lavorano in ambienti internazionali come Londra e Bruxelles si sono stupiti che fosse necessario spiegare chi fosse il lobbista. In Gran Bretagna e in Belgio si tratta di una professione come un’altra e non c’è nulla da chiarire. Non è così in Italia, dove questo lavoro è legato a tanti fraintendimenti. Si definiscono impropriamente lobbisti faccendieri e facilitatori di vario genere. Gente che promette mari e monti, millantando aderenze con le “persone giuste”. Noi di Telos A&S non conosciamo le “persone giuste” perché non è quello che serve per svolgere un mestiere fatto di tanto lavoro di scrivania e di pochi incontri semplicemente mirati a far ascoltare una voce. Senza girarci intorno, per definire chi è il lobbista possiamo dire che è un professionista esperto dei processi decisionali e il suo lavoro consiste nell’aiutare la propria organizzazione o il proprio cliente a presentare un’istanza. Saranno poi le Istituzioni a decidere se prendere o meno in considerazione le proposte.  Far ascoltare una voce, mai chiedere un favore.

Due. Come si fa il lavoro del lobbista

Il secondo tema è stato trattato nella sessione Il lobbista come mediatore culturale tra impresa, politica e istituzioni. Sono intervenuti Marco Di Maio, deputato della Commissione Finanze; Rosaria Iardino, presidente della Fondazione The Bridge; Paolo Zanenga, presidente di Diotima Society; Marco Sonsini di Telos A&S. Ha moderato Flavia Trupia, PerLaRe (Associazione Per La Retorica).

Il commento dei partecipanti è stato incoraggiante. Molti hanno detto: “finalmente abbiamo capito come funziona questo mestiere”. Il paradosso è che il mestiere del lobbista è più facile farlo che raccontarlo. Per far comprendere come funziona, abbiamo simulato un caso che partiva da un interesse concreto, apparentemente avvertito solo dall’industria farmaceutica (potenziamento dell’incentivo fiscale all’investimento nella ricerca clinica sui farmaci innovativi) ed abbiamo chiesto ai nostri relatori di spiegare quale parte possano svolgere nella rappresentanza di quell’interesse. È stata l’occasione per chiarire un aspetto fondamentale della nostra professione: il lobbista non lavora solo per grandi aziende, men che meno per gruppi di aziende. Al contrario, il suo compito fondamentale consiste nel mettere in comunicazione le istanze delle imprese con i bisogni diffusi e nel lavorare affinché i soggetti che li rappresentano si coalizzino temporaneamente intorno ad un interesse comune. Quindi il lobbista non lavora per i così detti “cartelli” ma per un’istanza condivisa, cioè per una coalizione di interessi che può comprendere una o più imprese, altri portatori di interesse, cittadini e perfino le Istituzioni. È il caso della sperimentazione dei farmaci innovativi: infatti, l’interesse al loro svolgimento in Italia non è certo prerogativa esclusiva dell’industria farmaceutica ma è condiviso dai pazienti e dai medici specialisti, dalle strutture ospedaliere, dal mondo della ricerca scientifica. Proprio per questo, l’attrazione di investimenti in ricerca clinica è prima di tutto un’occasione di crescita e sostenibilità per il sistema sanitario pubblico e proprio così è opportuno che venga presentata: non solo un “interesse” di gruppi più o meno ampi, ma una priorità per la politica sanitaria e, quindi, per le stesse Istituzioni che ne determinano gli indirizzi. Ecco quindi il senso profondo del lavoro del lobbista: non “fare pressione” perché le Istituzioni accolgano gli interessi di potenti gruppi industriali o finanziari, ma costruire quel ponte tra interessi dell’industria, bisogni collettivi ed indirizzo politico che è il presupposto di scelte efficaci per lo sviluppo ed il benessere del Paese.

Tre. Regolare la professione?

Infine il tema della trasparenza che è stato trattato, tra gli altri, nella sessione Processo alla lobby: minaccia o risorsa per la democrazia? Sono intervenuti Riccardo Nencini, viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti; Michele Corradino, componente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione; Gerardo Villanacci, dell’Università Politecnica delle Marche; Mariella Palazzolo di Telos A&S. Ha moderato Fiorenza Sarzanini, giornalista del Corriere della Sera. I famosi registri non bastano. Per eliminare alla radice il fenomeno dei faccendieri e dei facilitatori, bisognerebbe fare in modo che il legislatore lavori con maggiore trasparenza. “Ma non pubblicano tutto online?” Qualcuno potrebbe replicare. Non basta. Non è sufficiente rendere nota una decisione, quando è stata già presa. Questo perché il lobbista ha il compito di rappresentare un interesse prima che la decisione sia presa, non certo a cose fatte. Allora sarebbe utile concedere a tutti i cittadini e ai gruppi di interesse l’accesso uguale e tempestivo ai testi e ai lavori preparatori che preludono alla stesura degli atti normativi (soprattutto Decreti e Regolamenti del Governo), nonché garantire tempi di decisione rapidi e certi. Solo in questo modo si eviterebbe il mercimonio delle informazioni alle quali i facilitatori promettono di concedere accesso esclusivo ai clienti che pagano. L’accesso alle informazioni che riguardano i cittadini e le imprese deve essere garantito a tutti. E qui emerge un altro paradosso: in Italia non c’è troppa lobby, ma ce n’è troppo poca. Soprattutto di quella fatta bene.

La professione del lobbista raccontata in tre punti