Sì, sono sempre una lobbista. Ma stavolta vi dico cosa non faccio
Non riesco a staccarmi dalle 4 pagine del libro di Michele Corradino "È normale... lo fanno tutti" nelle quali l'autore separa, in maniera chirurgica, la professione del lobbista dalla deprecabile pratica del facilitatore, colui che promette di risolvere i problemi con un paio di telefonate a quelli che contano. Corradino, infatti, descrive molto bene la differenza tra lobbista e facilitatore.
Per quanto mi riguarda, non trovo modo migliore per spiegarla che raccontare un aneddoto tratto dalla mia esperienza lavorativa, debitamente resa anonima. Supponiamo che il governo in carica decida, per insindacabili ragioni di urgenza, di adottare un pacchetto di disposizioni di legge destinate (nelle intenzioni, almeno) a risolvere alcuni tra i maggiori problemi nei quali si dibatte l'economia nazionale.
Supponiamo che tra queste misure ce ne sia una che infligga un danno rilevante a un comparto industriale. Supponiamo anche che i maggiori operatori che hanno investito in quel comparto percepiscano, oltre al danno, la beffa di un intervento normativo che li penalizza, senza nemmeno generare quel beneficio per i consumatori che il governo ha affermato essere il vero obiettivo della manovra.
La loro tesi è che il governo ha ponderato male gli interessi in gioco, per tante possibili ragioni: perché la sua priorità era mostrare all'opinione pubblica di essere in grado di assumere decisioni tempestive, quindi ha legiferato in fretta senza un'analisi accurata dei costi e dei benefici, oppure magari perché quella misura dà respiro, più che ai consumatori, ad alcuni ben noti operatori economici.
I nostri malcapitati investitori pensano che l'iter di conversione del decreto-legge sia il momento opportuno per spiegare ai parlamentari e, perché no, allo stesso governo che di errore si tratta, e che l'errore sarebbe bene correggerlo. Si rivolgono a un lobbista e si sentono rispondere che "difficilmente, nel breve volgere dell'esame parlamentare, il decreto sarà emendato: su questa specifica misura il governo non indietreggerà, perché non può sconfessare a stretto giro di posta l'annuncio del presidente del Consiglio. Senza contare che i gruppi parlamentari di maggioranza non vorranno certo aprire una frattura su una questione, dopotutto, microsettoriale".
Il lobbista è un professionista e sa che, nel suo mestiere, la scelta dei tempi è essenziale: con il governo bisognava parlare prima, non dopo l'adozione del decreto. Peccato, recriminano gli investitori, che non ci sia stato dato il modo di contribuire alla fase istruttoria: forse avendo a disposizione un patrimonio informativo e documentale più completo e articolato, il decisore sarebbe giunto a conclusioni diverse. Già, peccato: ma è tardi.
Al lobbista non manca la conoscenza dell'iter parlamentare e, quindi, la capacità di indicare le occasioni di ascolto (audizioni, incontri con i rappresentanti dei gruppi parlamentari nelle commissioni competenti) e le possibili proposte (emendamenti, ordini del giorno) da sottoporre agli interlocutori istituzionali: ma il tempo è poco e i margini proibitivi.
Il lobbista seguirà il suo cliente nell'intero percorso, lo accompagnerà nel dialogo con parlamentari e rappresentanti del governo, lo sosterrà nell'elaborazione delle proposte emendative. La decisione, tuttavia, spetterà alle Istituzioni democratiche: la qualità del lavoro non ne assicurerà l'esito.
Ma i nostri investitori credono di avere a disposizione anche un'altra carta: il facilitatore. E qui è tutta un'altra musica: laddove il lobbista vede un processo decisionale ormai definito, il Mr. Wolf nostrano vede porte da aprire, amici da contattare, antichi meccanismi da oliare e, soprattutto, una grandiosa visione onirica da vendere: "Venite da me, con un paio di telefonate ci penso io. Come? Non vi preoccupate, sono amici, basta parlare con le persone giuste..." Già: perché il facilitatore, in fondo, è un incantatore, un talentuoso venditore di sogni.
O forse (ma non c'è molta differenza) un funambolico venditore di se stesso. Il suo talento non sta solo nel costruire e coltivare una rete di rapporti, ma nell'attirare i malcapitati che si rivolgono a lui (quelli non troppo grandi ed introdotti, come spiega Corradino) in un fantasioso gioco di specchi nel quale la luce del potere (quello vero) si riverbera su chi, come lui, dei potenti ha il numero di cellulare.
Il lavoro del facilitatore è tutto qui: vendere illusioni. E quando i clienti gli chiederanno conto dell'esito di quel famoso paio di telefonate, gli sarà facile dar fondo all'ultimo bagliore di quella luce riflessa per dire, con aria grave, qualcosa del tipo: "purtroppo l'umore del governo è cambiato".
Ecco perché il libro di Corradino per me è ormai una Bibbia, da far leggere a chi non capisce il mio mestiere. E soprattutto da consigliare e diffondere per farmi distinguere, fare distinguere tutti noi di Telos A&S, dal facilitatore, incubo del lobbista, perché è colui che distrugge quotidianamente la nostra reputazione.
SocialTelos