Quando, soprattutto per le donne, il trono non è più separato dall'altare
Come definire la nostra era? 'Era dell'insicurezza globale' potrebbe essere un modo. Il rapporto tra religione e sfera pubblica è tornato prepotentemente di attualità, dopo un lungo letargo. Il pensiero occidentale corrente - nel senso temporale di odierno e storico di moderno - dice che no, religione e politica devono stare ben lontani. Nelle nostre vite il fatto che in molti Paesi l'identità religiosa sia questione consustanziale allo Stato, e quindi alla politica, provoca uno sbandamento, o perlomeno uno smarrimento. Viola infatti il principio della laicità dello Stato, che credevamo ormai solido e acquisito. Religioni alla ribalta quindi. In questo momento di ripensamento e analisi, è interessante anche capire quale sia il ruolo delle donne. A questo proposito appare particolarmente interessante lo studio recente del Pew Research, centro di ricerca con sede a Washington, che ha raccolto i dati di 192 Paesi e ha riportato in auge il fenomeno della differenza di genere nelle religiosità. Lo studio fa parte del progetto Pew-Templeton Global Religious Futures, che analizza il cambiamento nel sentimento religioso e il suo impatto sulle società nel mondo. È stato finanziato da The Pew Charitable Trusts e dalla John Templeton Foundation.
Cotton Mather, medico e pastore protestante, scrisse nel 1691: "Così come sotto la croce di Cristo vi erano tre Marie e un Giovanni anche oggi, fra i devoti, vi sono più donne che uomini".
Era rimasto colpito dal fatto che la sua chiesa, frequentata da 400 persone, annoverasse ben 300 donne e soltanto 100 uomini. La prevalenza delle donne devote è un fil rouge nella storia del cristianesimo ma non solo; il divario di genere è una caratteristica comune alle religioni più diffuse, dal cristianesimo all'ebraismo fino al buddismo.
Lo studio del Pew Research Center, The gender gap in religion around the world ha preso in considerazione sei gruppi in 192 paesi − cristiani, musulmani, buddisti, induisti, ebrei e persone dichiaratamente atee o agnostiche − e ha confermato l'affermazione di Mather, che anche a livello globale le donne sono più religiose degli uomini. Inoltre, gli uomini, costituiscono il 55% delle persone al mondo non affiliate a nessuna religione. Il Pew ha guardato anche oltre: ad esempio, la percentuale di donne ebree e anche musulmane che frequentano luoghi sacri è però inferiore rispetto agli uomini.
La differenza di genere è più evidente negli Stati Uniti: il 60% delle donne considera la religione "molto importante" (contro il 47% degli uomini), il 64% prega ogni giorno (mentre lo fa il 47% degli uomini) e il 40% va a messa almeno una volta a settimana (gli uomini si assestano al 32%).
Nel mondo le donne che dicono di professare una religione sono l'83,4%, gli uomini il 79,9.
Le spiegazioni di tale fenomeno, sono state le più svariate. A esempio: i biologi affermano che la minore religiosità degli uomini sia causata dagli alti livelli di testosterone, che determinerebbero una maggiore propensione al rischio e quindi a scoprire solo dopo la morte se ci sarà un'altra vita e quale, senza preoccuparsi dei propri comportamenti nella vita terrena; i sociologi sostengono che la religiosità delle donne vari a seconda che siano lavoratrici, meno impegnate dal punto di vista delle pratiche religiose e in generale meno credenti, o casalinghe, più propense a coltivare la propria sfera religiosa; i dati del Pew però mostrano che la biologia non è l'unico fattore. Infatti i comportamenti religiosi di uomini e donne variano in modo significativo a seconda del gruppo religioso sì, ma anche del Paese, il che dimostrerebbe quanto il modo nel quale le persone vengono cresciute abbia un peso non indifferente.
Anche Marta Trzebiatowska e Steve Bruce, autori del libro Why Are Women More Religious Than Men?, escludono il fattore genetico e puntano alla motivazione socio-culturale. Sostengono che il gender gap nella religione è destinato a diminuire con l'affermarsi del principio della parità dei sessi. A proposito del cristianesimo, il sociologo delle religioni David Voas ha affermato che la religione può esercitare una maggiore fascinazione sulle donne, in quanto può offrire una speranza di vita migliore agli oppressi, ai poveri e a coloro che si trovano in difficoltà.
La speranza di una vita migliore sembra essere quindi il punto focale. Una caratteristica che accomuna le grandi religioni monoteiste, in grado di mobilitare masse enormi di esclusi. Certo, con modi e fini diversi. Tuttavia che il trono non sia più separato dall'altare è un fatto. Un fatto pericoloso.
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