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Aprile 2024, Anno XVI, n. 4

Katharina Fritsch

Una Scultrice

Trovo molto interessante questo gioco tra realtà e visione. Credo che il mio lavoro vada avanti e indietro tra questi due poli. Il legame con il reale è ancora lì, ma allo stesso tempo c’è quello con l’irreale.

Telos: Cosa è la scultura per Lei?

Katharina Fritsch: Le idee emergono continuamente dal mio subconscio. A volte quando sono in viaggio, in auto o in treno, altre nascono nel sonno. Penso che tutto possa essere una scultura per me. Fin dall’inizio ho voluto creare una sorta di mondo di mezzo che ti portasse, per conto tuo, alle spalle dell’oggetto, un mondo che sorprendesse davvero le persone come se non avessero mai visto l'oggetto prima. Il raggiungimento di questo effetto dipende interamente dalla perfezione della forma. Nel processo di creazione del gallo [ndr la scultura di Trafalgar Square], durato due anni e mezzo, ho spostato la coda tre volte; il petto è stato particolarmente difficile da definire, perché non volevo che assomigliasse al petto fiero delle aquile imperiali tedesche, né volevo un pollo debole. Dal 2006 uso il computer in diverse fasi dello sviluppo dei miei prototipi: scannerizzo un oggetto, ne faccio un calco in gesso che poi rimodello faticosamente, quindi scannerizzo e rielaboro più volte per ottenere una forma e dei dettagli precisi. Se ci si affida semplicemente ad una scansione si ottiene un lavoro completamente piatto. Non voglio fare la sentimentale, per me tutto ha un peso. Si perde la terza dimensione e la sensualità dei materiali, l’odore e tutto il resto. E tutto questo è necessario!

Il suo lavoro tra realtà e visione.

Trovo molto interessante questo gioco tra realtà e visione. Credo che il mio lavoro vada avanti e indietro tra questi due poli. Il legame con il reale è ancora lì, ma allo stesso tempo c’è quello con l’irreale. La mia scultura parte spesso da un’immagine familiare, che sovverto con variazioni di scala e di colore. Ribadisco che, solitamente, ogni mia opera viene modellata a mano, poi colata in gesso, rielaborata e quindi nuovamente colata in poliestere. La forma in poliestere è rifinita con una vernice opaca che assorbe la luce, conferendo alla superficie della scultura una qualità immateriale che disorienta. Le mie sculture non possono o non devono mai essere comprese del tutto, come un quadro che ha in sé qualcosa di irrisolto. Spero che rimangano nella vostra mente come un enigma. È così che mi sembra la vita ed è così che la raffiguro.

Un gallo blu in cima al quarto plinto di Trafalgar Square. Come e perché?

È stata una decisione piuttosto rapida. Avevo un gallo di pezza nel mio studio. Lo guardavo sempre e pensavo: “Un giorno dovrai fare una scultura di un gallo”. Ma era una cosa molto impegnativa perché tanti artisti hanno fatto galli. Picasso, per esempio. Pensavo che fosse un’immagine del tutto usurata, quindi ho dovuto trovare un nuovo modo, una nuova espressione. E si adattava perfettamente a Trafalgar Square. Perché? Per via di tutte quelle sculture che commemorano i grandi militari britannici, quelle figure molto maschili sui loro piedistalli. Ma si adatta anche perché le piume della coda esplodono, e riecheggiano la forma delle fontane. Sfumando i confini tra l’ordinario e il profondamente simbolico, con il mio ‘Hahn/Cock’ ho cercato di dare vita ad un’interpretazione inaspettata dell’idea di monumento pubblico tradizionale.

C’era una volta la scena artistica di Düsseldorf…

Un tempo Düsseldorf era uno dei luoghi più importanti del mondo dell’arte. Negli anni Settanta, il suggestivo villaggio sul Reno ospitava Joseph Beuys, Jörg Immendorff e Gerhard Richter, mentre artisti come Thomas Ruff, Reinhard Mucha, Thomas Schütte, il fotografo Andreas Gursky e, più umilmente, io stessa, ci siamo trasferiti negli anni Ottanta. Il postmodernismo tedesco è stato fondato in questa città, mentre l’eredità di questi artisti ha fatto sì che l'arte della decostruzione critica sarà per sempre associata a Düsseldorf. Poi è caduto il Muro di Berlino. Gallerie e artisti, critici e persino alcuni collezionisti si sono trasferiti a Berlino, attratti dagli affitti a basso costo e dalle tante possibilità inesplorate. Per anni è sembrata destinata ad avvizzirsi e a rimanere ai margini del discorso artistico. Nonostante la prestigiosa accademia d’arte, le numerose istituzioni, la ricchezza dei collezionisti e le meravigliose architetture, la città è stata trascurata dall’élite culturale internazionale.
Questa sembra essere la sfida che Düsseldorf dovrà affrontare nei prossimi anni: negoziare tra il passato, celebre ma che mette in soggezione, e il presente. Ciò non significa necessariamente che lo spirito degli anni Ottanta debba essere esorcizzato, ma piuttosto che deve trovare spazio nella vita attuale della città. Forse è per questo che ho deciso di tornare, cercando di guidare gli artisti del futuro. Non per dire loro cosa fotografare, dipingere o scolpire, ma per aiutarli a pensare a tutte le prospettive possibili. Il potenziale artistico c’è. Ci sono tantissimi giovani artisti di talento.

Marco Sonsini

Editoriale

La nostra ospite del numero di aprile di PRIMOPIANOSCALAc è davvero speciale. Le sue sculture e installazioni sfidano le nostre aspettative sulla scultura e ci fanno vedere oggetti familiari sotto una nuova luce. Attraverso manipolazioni delle dimensioni, stilizzazione, sfaldamento degli elementi figurativi e il suo caratteristico uso del colore monocromatico, Katharina Fritsch altera il significato degli oggetti. I suoi soggetti sono tratti dalla storia dell’arte e dall’immaginario cristiano, dai mercatini delle pulci e dai negozi di souvenir. Con una meticolosa attenzione ai dettagli nel processo di produzione, l’artista combina la scultura tradizionale con la produzione industriale. Le sue opere sono spesso realizzate in grandi edizioni e lo stesso modello viene talvolta prodotto in una varietà di materiali, colori e dimensioni. Fritsch ha studiato all’Accademia d’Arte di Düsseldorf dal 1977 al 1981. Sebbene fosse stata ammessa al corso come pittrice, ha subito iniziato ad esplorare la scultura, realizzando versioni in miniatura di strutture architettoniche e oggetti domestici della sua infanzia. Il nonno materno di Fritsch era un rappresentante della Faber Castell e il suo garage era pieno, irresistibilmente, di materiale artistico.
Era un vero paradiso”, ricorda. “Ero affascinata dalle matite, con tutti quei colori”. Per chi cresce a Langenberg negli anni Cinquanta e a Münster negli anni Sessanta, al centro della valle della Ruhr, il cuore dell'industria pesante tedesca, quello dell'arte non è un percorso professionale scontato. “Forse i miei genitori avevano segretamente paura che non riuscissi a guadagnare nulla, ma mi hanno sempre incoraggiata a dipingere e a disegnare”, racconta l’artista. “La mia infanzia è stata piena di passioni. In un’atmosfera molto artistica”. E un po’ gotica: Fritsch accompagnava la religiosissima nonna materna nelle sue numerose visite alle chiese tedesche, incluse le famose cripte del XIII secolo della cattedrale di Bamberg. “È impressionante quando da bambino vai nelle chiese cattoliche e guardi questo tipo di figure. C’è qualcosa di molto crudele in quello che vedi, ed io ne ero completamente attratta. Corpi che penzolano dalle croci e scheletri in tombe di vetro? Sì, ti fanno venire gli incubi, ma per l’anima di un artista sono talmente impressionanti, così forti”. Nello stesso periodo, la cultura americana, la sua musica e i suoi prodotti di cattivo gusto, stavano conquistando la Germania occidentale. Katharina era una grande fan di Topolino e di Barbie. Alcuni genitori non avrebbero mai permesso ai loro figli di avere quei giochi, ma i suoi genitori o i suoi nonni non li temevano.
Quando il suo gallo di Trafalgar Square fu inaugurato nel 2013, l’allora sindaco Boris Johnson notò l’ironia del fatto che un emblema, seppure non ufficiale, della Francia, si fosse installato in un luogo che commemorava una vittoria britannica nelle guerre napoleoniche. Il gallo di Fritsch, tuttavia, non conosce bandiera. “I francesi pensano che sia il loro gallo, gli abitanti del Minnesota pensano che sia il loro gallo. È il gallo di tutti”, dice con serenità.
Nel consegnarle, nel 2022, il Leone d’Oro alla carriera, Cecilia Alemani, curatrice della mostra principale della Biennale di Venezia, ha dichiarato: “Ad ogni incontro con una scultura di Fritsch, ho provato un senso di stupore e di attrazione vertiginosa. Il contributo di Fritsch nel campo dell’arte contemporanea e, in particolare, in quello della scultura non ha paragoni.”
La serie delle copertine del 2024 di PRIMOPIANOSCALAc è ispirata alle opere di Romano Gazzera, pittore piemontese noto per i suoi fiori ‘giganti’, ‘parlanti’ e ‘volanti’ che, insieme ad altri temi iconografici legati alla memoria storica e collettiva, lo hanno caratterizzato e distinto come il caposcuola della corrente Neo-floreale italiana. Per Katharina abbiamo fatto una scelta radicale. Non ci sarà lei sulla copertina, ma, a rappresentarla, la sua opera iconica, il gallo. Il fiore che lo protegge è una peonia blu, blu oltremare che tanto ricorda il celebre blu Klein - tonalità di blu, molto profonda, messa a punto dall’artista francese Yves Klein. Blu che sa subito di infinito, di trasmutazioni alchemiche, di armonie cosmologiche e paesaggi stellari.

Mariella Palazzolo

Katharina Fritsch

Katharina Fritsch è una scultrice tedesca. Dopo aver studiato all’Università di Münster, ha proseguito gli studi all’Accademia d’Arte di Düsseldorf. Dal 2001 al 2010 è stata Professore di scultura all’Accademia d’Arte di Münster, poi in quella di Düsseldorf, fino al suo pensionamento nel 2022. Fritsch si è fatta conoscere a livello internazionale a metà degli anni Ottanta per la sua scultura Elephant, di colore blu-verde e a grandezza naturale. Ha rappresentato la Germania alla Biennale di Venezia nel 1995, 1999 e 2011 e le sue opere sono state esposte nei principali musei del mondo, tra cui il Kunstmuseum di Basilea, il San Francisco Museum of Modern Art, la Kunsthaus Zürich, l’Art Institute di Chicago, la Tate Modern di Londra e il K21 di Düsseldorf. Le sue opere più note sono Rattenkönig (1993), un gigantesco cerchio di ratti neri in poliestere, parte della Biennale di Venezia del 1999. Tra le altre opere ricordiamo Mönch (2003), una figura maschile stoica e monocromatica, realizzata in poliestere solido con una superficie liscia e nera opaca; Figurengruppe (2006-2008), un’installazione di nove elementi; e Hahn (2010), un gallo di 4,3 m di altezza in blu oltremare, esposto sul quarto plinto di Trafalgar Square, a Londra, da luglio 2013 a gennaio 2015. Nel 2022 Katharina ha ricevuto, insieme all’artista cilena Cecilia Vicuña, il Leone d’Oro alla carriera della Biennale di Venezia. É nata a Essen, in Germania, nel 1956, e vive e lavora a Düsseldorf.

Marco Sonsini